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Come mai questo titolo?
«Tutto parte da una serie di brevi racconti, poesie, dissertazioni, piccoli copioni e aforismi che ho agGREGato in un libro».
Dal libro al teatro: il passo non è così diretto.
«C’è un comune denominatore: la presenza dei perdenti, degli sfigati, quelli che ora va di moda chiamare loser. Ebbene un detective sfigato tiene uniti tutti i frammenti».
E segue indagini delicate?
«Vorrebbe essere Philip Marlowe ma è nato a Roma: per cui non gli capita il caso della miliardaria scomparsa, ma del ragazzetto di periferia. È affetto come me da albertosordite!».
Cosa le piace del palcoscenico?
«L’alchimia che si respira, calpestare quei legni, l’odore del sipario e degli arlecchini (la parte in alto del sipario, ndr.). Senti l’atmosfera e capisci subito l’humus in platea. È come andare sul surf: ti adatti e ti diverti a stare sopra il respiro del pubblico e cerchi di portalo da qualche parte o di uniformarti a lui».
Quando è nata la coppia Lillo&Greg?
«Correva l’anno 1986. Dopo varie traversie professionali, nel 1991 insieme a Paolo Di Orazio alla batteria fondiamo Latte e i suoi derivati».
Un nome indimenticabile.
«Colpa di un furgoncino parcheggiato sotto casa mia con la scritta Latte e suoi derivati. Avevo già la passione per i gruppi anni 50/60 che usavano il nome del leader più il gruppo, tipo Fred Buscaglione e i suoi Asternovas. E allora ho pensato a Latte e suoi derivati. Il gruppo del latte!».
È vero che avete scoperto Virginia Raffaele?
«La vidi all’Ambra Jovinelli esibirsi insieme a Danilo De Santis e Francesca Milani. Avevano ottimi tempi comici e Virginia mi colpì in maniera particolare. La facemmo lavorare in radio e poi a teatro. Le è servito come vetrina. Ha virato sulle imitazioni ma sarebbe in grado di fare molte altre cose».
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