E l’aveva vissuta e raccontata in quello che è stato uno dei suoi ultimi lavori, The angriest man in Brooklyn. Quasi un testamento, un grido d’aiuto rimasto soffocato. Una sorta di set del dolore, il santuario delle fragilità, delle paure e delle contraddizioni che avrebbero portato l’attore al suicidio l’11 agosto 2014, un anno e mezzo dopo il ciak di The angriest man in Brooklyn, per la regia di Phil Alden Robinson. Il film racconta la storia di un uomo a cui viene diagnostico un aneurisma fulminante e che, in soli 90 minuti (il tempo che secondo la dottoressa gli resta da vivere), cerca di rimettere insieme i cocci di una vita fallimentare, piena di rabbia (da angry, appunto) e rapporti controversi con la sua famiglia.
Uscito in America nella primavera 2014 con scarsissimo successo di pubblico, è appena approdato in Italia per essere doppiato. Dovrebbe vedere la luce entro l’estate. Ma, al di là della previsione degli incassi o della piattaforma su cui uscirà (potrebbe anche finire direttamente in prima tv), ciò che fa effetto è vedere come si dipana la sceneggiatura. E come si sviluppa il binomio Williams-morte.
LA SCOPERTA
L’avvocato Henry Altmann (Williams) ha un pessimo rapporto con la moglie e con il fratello ed è deluso dal figlio che sognava avvocato come lui (ma che invece aprirà una scuola di danza). Soprattutto Henry straborda di rabbia. Insulta un tassista, un pedone, la vita. Se stesso. Durante una giornata come tante, dopo un piccolo incidente in auto, scopre di avere una malattia fulminante. Un aneurisma. La dottoressa Sharon Gill (Mila Kunis) subisce le pesanti pressioni del paziente che le chiede «quanto tempo mi resta da vivere?» e per risposta inventa «90 minuti». Da questo momento in poi, in giacca e cravatta, Henry inizia la sua battaglia. Ha pochissimo tempo per riappacificarsi con la famiglia, con il mondo. Vuole chiedere scusa alla moglie (Melissa Leo) per averla trascurata (lei lo tradisce col vicino di casa), al fratello nano (l’attore Peter Dinklage) per non aver mai avuto un rapporto vero con lui e al figlio, al quale aveva già preparato il biglietto da visita da avvocato mentre il ragazzo sognava soltanto di ballare.
LE COINCIDENZE
Il film corre su un filone narrativo essenziale, quasi grezzo.
Leggo.it