Lorenzo Biagiarelli: «Non chiedo scusa per la morte di Giovanna Pedretti e ho detto addio a "È sempre Mezzogiorno"»

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Minacciato di morte

Dopo il suicidio di Giovanna Pedretti «sia io che Selvaggia riceviamo minacce di morte, siamo sommersi da messaggi di odio scatenati dalla stampa, dalla radio e dalla tv che da subito e per due settimane hanno sostenuto che il nostro operato fosse il diretto responsabile del suicidio della titolare della pizzeria».

«Ho scatenato la gogna? È una delle tante falsità che sono state dette su questa storia, dal momento che si è dovuta persino scomodare un’agenzia di comunicazione, che si chiama Arcadia, per cercare tracce di questa gogna social. E incredibilmente non ce ne sono. Nessuna traccia di questa montagna di odio nei confronti della titolare della Nei confronti della quale invece è stato riscontrato un sentiment positivo del 90%, praticamente un plebiscito. E io stesso ho potuto riscontrare come sulla sua pagina non ci fossero insulti, al massimo una decina di commenti scettici. Non c’è stata nessuna migrazione di follower dal mio profilo o da quello di Selvaggia sulla pagina del ristorante», aggiunge.

«Dietro questa gogna mediatica, questa sì, ci sono diverse ragioni e diversi mandanti. Ma non è questo il punto, anche perché né io e né Selvaggia ci siamo mai addentrati nella discussione sul suicidio, in alcun modo rifiutando ogni invito da parte di stampa, di tv, che pure sono arrivati, mentre in tv si continuava a parlarne, entrare nella vita e nella mente di questa signora con la presunzione di sapere cosa le passasse per la testa - continua Biagiarelli -. La storia di un suicidio è stata sviscerata da tutti, in qualsiasi modo, spesso contravvenendo alle indicazioni suggerite proprio dall’Organizzazione Mondiale della Sanità a riguardo. Ci sono dei modi in cui si può e non si può parlare di suicidio. Cose che si possono dire, cose che non si possono dire. E mentre noi venivamo accusati di aver fatto qualcosa che non si poteva fare, chiunque, attori, ballerine, modelle e non giornalisti, erano lì a discutere di qualcosa che dovrebbe riguardare, secondo stesso ragionamento, al massimo gli inquirenti e gli psicologi».

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