Si sente spesso parlare di "lavoro dei propri sogni", "lavoro ideale", "lavoro che ti piace" e sembra che negli ultimi tempi si tenda ad associare alla parola "lavoro" un'accezione quasi romantica. Non è chiaro se questa tendenza derivi dall'intento delle aziende e dell'intero mercato di vendere una concezione più affascinante e creare un certo tipo di ambizione nelle persone, o se invece siano proprio le persone ad aver bisogno di guardare a un'eventuale professione attraverso delle lenti rosa, smussarne un po' i bordi più taglienti.
Rimane comunque vero che per tanta gente il lavoro rimane una mera necessità, ciò che ti permette di portare a casa uno stipendio, pagare le bollette, comprare casa e permettersi qualche sfizio o viaggio. A quel punto, cosa importa se si tratta di una carriera che culmina nel ruolo di amministratore delegato o di un lavoro nella ristorazione?
Sean è un ragazzo che, dopo la laurea, ha ricoperto diverse posizioni considerate più o meno "prestigiose" all'interno di un'azienda. Dopo il licenziamento, tuttavia, ha fatto una serie di colloqui nei ristoranti e più di una volta si è trovato a dover giustificare il passaggio e a vergognarsene come se fosse sintomo di un suo fallimento.