Giovanni Padovani, ergastolo per il femminicidio di Alessandra Matteuzzi. I giudici: «Fu vendetta, non gelosia. La pazzia una messa in scena»

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La messa in scena

«Una messa in scena»: così la Corte di assise di Bologna descrive il comportamento di Giovanni Padovani, dichiarato capace di intendere e di volere da una perizia psichiatrica, accertamento cruciale nel processo. Conclusioni a cui i giudici hanno aderito pienamente. La Corte ritiene, si legge nella motivazione della sentenza pronunciata il 12 febbraio «che le bizzarrie comportamentali dell'imputato, talora anche grossolanamente enfatizzate, seguite sovente da prese di posizione invece consapevoli e responsabili, soprattutto negli snodi decisivi del processo, le risultanze dei test, con risposte sbagliate anche alle domande più banali e infine l'asserzione di una tardiva insorgenza di sintomi psicotici, forniscano indicazioni che sembrano coniugarsi tra loro soltanto nella prospettiva di una intenzionale messa in scena dell'imputato». La perizia psichiatrica aveva concluso che in alcuni casi l'imputato avesse simulato sintomi psicotici. E anche le ultime dichiarazioni spontanee, in aula proprio il 12 febbraio, secondo la Corte confermano l'ipotesi che Padovani «abbia simulato consapevolmente determinati atteggiamenti».

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