«Non ho paura della Russia. Dopo due anni di guerra torno nella mia Ucraina e aiuto i soldati al fronte»: le lacrime di nonna Luda

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Tornare a casa, in Ucraina

A 68 anni lavorare tutti giorni diventa pressoché impossibile, la stanchezza si fa sentire. «Voglio la libertà, voglio sentirmi libera e non chiusa in casa, lì a Cherkassy ci sono i miei amici e metà della mia famiglia. Quando sono qui in Italia ho paura, ho l’ansia. Quando sono lì non ho paura, sono nel mio Paese. Le persone sono abituate agli allarmi antiaereo e quando li sentiamo non c’è posto per nascondersi, le persone continuano le loro vite e basta».

Sì, perché nonostante ci sia la guerra i giorni passano. «A Cherkassy sono stanchi ma non sono più spaventati. I matrimoni ci sono, i bambini nascono, la vita continua. Certo, si fanno pochi figli perché i dubbi sono tanti, il futuro è incerto». Le proposte di matrimonio, però, sono timide: «Non si sa mai se il marito dovrà andare al fronte».

La paura è soprattuto per la piccola Solomia. Nei primi giorni di guerra cercavano di non farle capire la grandezza di ciò che stava succedendo, cercavano di non traumatizzarla. Ora, però, «le arrivano le notifiche dei bombardamenti sul cellulare». Quando partiva l'allarme i genitori la prendevano da scuola e la portavano a casa, ma «ora non vanno più, quando suona la sirena vengono tutti portati nei bunker. "Fa freddo e non si respira" mi dice mia nipote, "ma non ti preoccupare nonna, non è niente di che”».

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