Parla con il dolore alimentato dall’indignazione la sorella del ragazzo, Ilaria, da sempre in prima linea nella battaglia legale: «Mi devono uccidere per fermarmi. Mio fratello è morto e non si può girare e indovinare chi è stato, devono dircelo loro. Mi sono svegliata con l’idea che in realtà abbiamo vinto. L’assoluzione per insufficienza di prove non è il fallimento mio o del mio avvocato, ma il fallimento della Procura di Roma». In un’intervista a La Stampa definisce la sentenza un «fallimento dello Stato» e ribadisce che la famiglia non si arrende: «Non ce l’ho con i giudici di appello - spiega Ilaria Cucchi - ma adesso da cittadina comune mi aspetto il passo successivo e cioè ulteriori indagini, cosa che chiederò al procuratore capo Pignatone». «Mi sono svegliata con l’idea che in realtà abbiamo vinto. L’assoluzione per insufficienza di prove non è il fallimento mio o del mio avvocato, ma il fallimento della Procura di Roma». E spiega che i prossimi passi saranno Cassazione e Corte europea. Leggi l'articolo completo su
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