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Il giovane diceva di aver colpito Stefano, lo scorso 23 febbraio il lungo Po Antonelli, per «togliergli le promesse di figli che avrebbe voluto fare, togliergli una generazione che avrebbe pensato di fare, togliere l'amore ai suoi genitori. Così è stato. Quello era il mio intento». Ricostruendo i fatti davanti agli inquirenti che lo interrogavano, il marocchino raccontava: «Piglio il coltello con la mano sinistra, mi alzo tranquillo (dalla panchina, ndr) lo raggiungo, gli passo davanti leggermente, gli do il colpo al collo, guardo se glielo dato bene poi l'ho superato. Lui già faceva fatica respirare, si è accasciato a terra».
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Quanto al coltello, Mechaquat diceva di averlo già fuori quando Stefano Leo gli è passato davanti. «Non si è accorto di nulla. Di me - aggiunge - non si è accorto nessuno». E agli investigatori che gli domandavano perché ha colpito al collo e non, per esempio, alla schiena, il marocchino rispondeva: «Perché il collo era più sicuro, se buchi il polmone rischi che non muore, è logica».
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Nell'audio si sente poi che il marocchino quando gli inquirenti gli chiedono se era successo qualcosa, fa riferimento alla moglie. «E come se io fossi tua moglie e ti dico che non puoi andare a prendere il bambino...» e agli investigatori che osservavano che da tempo la moglie non gli faceva vedere il bambino, rispondeva: «Ma non è per quello è una questione morale di cuore perché è come se tu dici 'non è normale se ci stanno accoppiati bene e io invece mi sono ritrovato questa che mi ha rubato l'unica cosa che io volevo'», e conclude con «capisce?». Leggi l'articolo completo su
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