Incendio doloso ad opera di ignoti. È l’ipotesi di reato su cui la procura di Roma sta indagando dopo il maxi-rogo che sabato pomeriggio ha devastato un altro quadrante della Città a ridosso delle abitazioni. Le fiamme si sarebbero propagate dall’area verde del Parco di Centocelle, dove sono stati trovati più inneschi, e in pochi istanti hanno incendiato alcune aree occupate abusivamente dagli autodemolitori. Gli olii esausti dei motori sversati sul terreno e la vegetazioni, i copertoni dei pneumatici abbandonati e altri rifiuti pericolosi sarebbero stati gli acceleranti di combustione che hanno accelerato lo sviluppo dell’incendio e che ne hanno resa ancora più difficile l’opera di spegnimento.
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La nube di fumo densa e acre, carica di diossina e materiali altamente tossici, trasformati in micidiali gas per poco non hanno interessato alcuni palazzi adiacenti che sono stati sgombrati d’urgenza dalla polizia e dai carabinieri che hanno messo in salvo decine di persone che hanno rischiato di essere investiti dalle fiamme e dal fumo.
In una “battaglia” burocratico-giudiziaria, i 40 autodemolitori, 20 dei quali completamente fuorilegge e su cui pendono da anni sequestri e ordinanze di demolizione, gli sfasci della Togliatti, approfittando delle sospensive del Tar e del braccio di ferro tra Comune e Regione, continuano indisturbati la loro attività. Tra loro diversi pregiudicati gestiscono il fiorente business delle autodemolizioni, commettendo gravi reati ambientali e legati al riciclaggio e alla ricettazione di automobili e pezzi di ricambio. Durante i controlli delle forze di polizia sono stati sorpresi più volte stranieri clandestini che dormivano nei container e nelle carcasse delle macchine che svolgevano mansioni di custodi. I residenti chiedono che tutta l’area venga sgomberata e gli “sfasci” trasferiti fuori città, come avvenne a Tor di Quinto nel primi anni del 2000.
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