«Mia madre voleva facessi l’avvocato, mio padre avvocato lo era diventato con le sue sole forze ma era uno spirito libero, e mi lasciò tentare il teatro. Com’è andata a finire, si sa: mia madre, che non si è mai rassegnata, finì per accontentarsi quando potevo interpretare il ruolo di un avvocato o di un giudice».
Ninni Bruschetta, attore veterano con una cascata di film e fiction alle spalle e una voce che trasuda teatro, è il protagonista della Grande abbuffata nella rilettura di Michele Sinisi, al Teatro Fontana da oggi al 13 giugno. Il grande sonno del teatro sembra finito e lui, non serve dirlo, non si è mai pentito di essere diventato attore.
Nel ruolo che fu di Michel Piccoli in un film di culto, discusso e amato: come ci si sta?
«Benissimo. Il primo lockdown interruppe una tournée e fu doloroso: persi tredici piazze. L’estate andò meglio, anche grazie al lavoro sul set. La seconda chiusura fu inquietante: a febbraio non capivamo cosa sarebbe successo».
Lei però, tra cinema, fiction e teatro, non sta mai fermo.
«Ora c’è anche la musica: ho da poco realizzato un album intitolato I Siciliani con la pianista Cettina Donato: canto e recito brani jazz su testi dell’amico scomparso Antonio Caldarella, poeta, attore e regista».
“La grande abbuffata” creò scandalo al Festival di Cannes del 1973: in cosa è ancora attuale?
«In tutto. La storia è quella di quattro amici che si chiudono in una villa per stordirsi di cibo e sesso. Oggi l’abbuffata è di informazioni sul web, di prodotti e opinioni. E di voyeurismo: io da buon siciliano amo il cibo, ma quando vedo la gente che fotografa i piatti al ristorante, mi girano le scatole. Nel testo di Sinisi l’abbuffata è anche di segni teatrali: improvvisiamo, citiamo Shakespeare, dimostriamo che il teatro vive sempre, nonostante tutto. Per citare Fassbinder: “il teatro è sempre stato in fin di vita”».
I suoi prossimi progetti?
«Il lavoro sul set, con le misure di sicurezza, non si è fermato: col regista Luca Miniero, ho in agenda Cops 2 per Sky».
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