E la stessa operazione è stata eseguita sul telefono di Giulia Martinelli, responsabile della segreteria del presidente lombardo ed ex compagna del leader della Lega Matteo Salvini. «Il presidente Fontana non è indagato - ha chiarito il suo legale, l'avvocato Jacopo Pensa - ha subito una perquisizione presso terzi. Non gli è stato sequestrato nulla». E ha aggiunto: «È grave, però, che la perquisizione sia avvenuta con modalità non pertinenti alle finalità dell'operazione, con un decreto non circostanziato ma applicabile a chiunque e con evidenti criticità di carattere costituzionale, vista la ovvia presenza di conversazioni di carattere istituzionale nel cellulare del presidente Fontana».
Con le copie del contenuto dei telefoni (non è escluso che l'operazione abbia riguardato anche altre persone) gli investigatori, nell'inchiesta del procuratore aggiunto di Pavia Mario Venditti e del pm Paolo Mazza, hanno acquisito in pratica tutte le chat, le email e i messaggi del governatore - che è indagato, invece, nel cosiddetto 'caso camicì dai pm di Milano - e della sua segretaria. Il Consiglio di Stato, a metà luglio, accogliendo il ricorso del San Matteo e di Diasorin, aveva sospeso gli effetti della sentenza con cui il Tar lombardo aveva azzerato l'accordo, su ricorso della Technogenetics, concorrente nel settore. Una settimana dopo è venuta a galla l'indagine dei pm di Pavia a carico di otto persone, tra vertici del San Matteo e della multinazionale farmaceutica piemontese, con le prime perquisizioni delle Fiamme Gialle in uffici e abitazioni. Turbata libertà nel procedimento di scelta del contraente e peculato le ipotesi di reato. «La scelta operata dal policlinico San Matteo di procedere a un accordo diretto con Diasorin, tra i tanti operanti sul mercato, è apparsa subito viziata - hanno scritto i pm nel decreto - da un evidente conflitto d'interessi in capo al professor Baldanti (Fausto ndr.), che ricopriva contemporaneamente il ruolo di responsabile scientifico del progetto di collaborazione Fondazione San Matteo e Diasorin e la carica di membro del Gruppo di lavoro del Consiglio superiore di sanità presso il Ministero della salute competente per la valutazione del test».
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Secondo i pm, sarebbero stati «utilizzati beni mobili, materiali (personale, laboratori e strumenti) e immateriali (conoscenze scientifiche tecnologiche e professionalità)» sottratti «alla destinazione pubblica per il soddisfacimento di interessi privatistici che restavano nell'esclusiva titolarità di privati, anziché dell'Ente che aveva finanziato la ricerca».
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