Adelina, morta suicida dopo la mancata cittadinanza italiana. La sorella: «Voglio giustizia»

Adelina Sejdini si è tolta la vita lanciandosi da un cavalcavia ferroviario a Roma dopo che le era stata riassegnata la cittadinanza albanese. Aveva denunciato il racket della prostituzione

Morta suicida dopo la mancata cittadinanza, la sorella: «Voglio giustizia per Adelina»

Adelina Sejdini si è tolta la vita lanciandosi da un cavalcavia ferroviario a Roma. Le era stata negata la cittadinanza italiana, che aspettava da anni, e il rifiuto è stato troppo per lei. Le era stata riassegnata la cittadinanza albanese, ma lei non la voleva più. Adelina era un'ex prostituta nata a Durazzo. Aveva denunciato il racket albanese della tratta delle donne e, grazie a lei, 40 persone sono state arrestate e 80 denunciate. Adesso la sorella Emira, di Pavia, chiede giustizia: «Mia sorella ha affrontato la vita aiutando le persone a non soffrire: quando lei ha chiesto aiuto, però, nessuno l'ha aiutata».

 

Leggi anche > Trovato il corpo di Stephane, 51enne affogato con il padre: era incastrato nella barca affondata

 

«Voglio sapere cosa è successo - continua la sorella Ermira -. La salma non ci è ancora stata restituita. Dalle istituzioni abbiamo avuto solo una telefonata, a mio padre, per annunciare che mia sorella era morta».

 

Era disperata, Adelina Sejdini, dopo che nel suo permesso di soggiorno era stato tolto lo stato di apolide e indicata la cittadinanza albanese. Aveva fatto arrestare i suoi sfruttatori, in gran parte appartenenti alla mafia albanese che controllava lo sfruttamento della prostituzione in tutta Italia, e attendeva di ottenere la cittadinanza italiana.

 

Arrivata in Italia a 22 anni dall'Albania, nel 1996, Adelina per anni è stata picchiata, violentata e mandata in strada. Ha avuto la forza di denunciare e uscire da quell'inferno. Ma, alla fine, si è sentita abbandonata dallo Stato, senza una casa, invalida al 100%, con un tumore al seno e, soprattutto, priva di quella cittadinanza italiana che le sarebbe spettata.

 

Viveva a Pavia, ma per protestare contro la burocrazia, alla fine di ottobre aveva deciso di andare a Roma, nonostante le sue precarie condizioni di salute, sperando di poter incontrare il presidente della Repubblica Sergio Mattarella o alcuni funzionari del ministero dell'Interno.

 

Proprio davanti al Viminale il 28 ottobre si era data fuoco. Soccorsa e trasportata all'ospedale Santo Spirito con gravi ustioni, la donna, su disposizione delle autorità, sarebbe dovuto rientrare a Pavia, ma è rimasta a Roma e l'8 novembre si è tolta la vita lanciandosi dal cavalcavia ferroviario di ponte Garibaldi. Aveva 47 anni. Sulla tragedia sono in corso accertamenti da parte della polizia ferroviaria di Roma Termini.

Leggi l'articolo completo su
Leggo.it