Dell’Italia si è fatto un’idea precisa (“Di un posto pieno di contrasti e contraddizioni, e abitato da persone così diverse tra loro da non sembrare nemmeno connazionali. Ma è proprio questa diversità a dare una ricchezza culturale enorme. L’Italia per me è come una lunga porta, anzi un bellissimo corridoio, verso gli altri Paesi, e rappresenta benissimo la mia vita perché ci trovo qualcosa dei posti dove ho vissuto: Londra, Parigi, ma anche il Libano”) e per lui la casa è dovunque ci sia creatività: “Dove c’è un progetto e della creatività, lì io mi sento a casa. (…) La fuga dei cervelli è anche una fuga dello spirito: una generazione di ragazzi che sogna di scappare è una tragedia per il suo Paese.
La generazione mia e di mio fratello sono le prime a non aver conosciuto un mondo in crescita. E questo cambia le teste: la mancanza di prospettive toglie libertà, l’incapacità di sognare è una prigione invisibile. Dalla quale io sono sempre scappato. Sono scappato dalla scuola, dal collegio, dalla trappola della macchina della musica pop: sono Houdini. Sto sempre scappando, anche adesso. Scappo e mi porto dietro tutto. Le valigie più pesanti sono quelle che non si vedono”.
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