Stipendi, in Italia salario reale più basso rispetto a 30 anni fa, maglia nera in Ue: non basta per casa, cibo e trasporti

Lo studio: nel periodo tra il 1990 e il 2020 diminuzione del 2,9%

Stipendi, in Italia salario reale più basso rispetto a 30 anni fa, maglia nera in Ue: non basta per casa, cibo e trasporti

di Alessandra Severini

L'occupazione cresce ma in Italia il lavoro è sempre più povero. Non basta infatti avere un'occupazione per poter soddisfare le esigenze primarie: casa, cibo, trasporti. A certificarlo sono i dati Ocse secondo i quali il nostro è il paese fra tutte le grandi economie in cui i salari reali sono diminuiti di più. Il salario reale è quello rapportato ai prezzi e negli ultimi anni mentre questi ultimi sono saliti inesorabilmente gli stipendi sono rimasti al palo.

Stipendio al ribasso

I salari reali in Italia, secondo l’Ocse, erano già scesi del 2,9% dal 1990 al 2020. Ma dopo la pandemia e l'impennata dei prezzi trascinata dal caro energia le cose sono peggiorate. Nel 2022 il calo è stato del 7,3% rispetto al 2021. I livelli salariali in termini reali in Italia sono rimasti pressoché invariati dal 1991 mostrando una crescita di appena l'1%. Un arretramento che nel 2022 ha collocato l'Italia in 22esima posizione tra i Paesi Ocse per il livello dei salari medi annuali reali, segnando un calo di 13 posizioni di ranking rispetto al 1992. È normale perciò che chi ha anche un reddito medio (fino a 35mila euro) incontri oggi difficoltà ad arrivare alla fine del mese.

Maglia nera in Europa

Guardando solo ai paesi dell'Eurozona, il valore nominale dei salari in Italia è cresciuto nel 2022 solo dell'1,1% mentre in tutti gli altri paesi il dato è più elevato. In Germania per esempio raggiunge il +2,7%, nella Repubblica Ceca il +4.4%, in Francia, indicativamente il +5%. In molti paesi sono stati adottati meccanismi che in qualche modo hanno legato l'andamento dei salari all'oscillamento dell’inflazione e che hanno permesso una nuova negoziazione dei contratti collettivi, con un conseguente aumento del valore nominale dei contratti. In Italia questo non è accaduto. Più della metà dei contatti collettivi del settore privato è scaduto. Secondo i dati Istat, il tempo medio di attesa di rinnovo, per i lavoratori con contratto scaduto, è aumentato dai 20,5 mesi di gennaio 2023 ai 32,2 mesi di dicembre 2023. «La perdita del potere d'acquisto dei lavoratori dipendenti e pensionati dovrebbe far preoccupare tutti – ha detto il Segretario generale della Uil, Pierpaolo Bombardieri - perché ne va della tenuta dell'economia nazionale». 
 


Ultimo aggiornamento: Venerdì 10 Maggio 2024, 07:04
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