Il lungo addio a Tom Petty, rocker d'America

Il lungo addio a Tom Petty, rocker d'America

di Claudio Fabretti
Il suo cuore ha smesso di battere nella sua casa di Malibu, nel pieno di un tour coronato da tre trionfali serate a Los Angeles. Poi il disperato tentativo di salvarlo, nell’ospedale di Santa Monica, con tanto di caos informativo, tra indiscrezioni e smentite. Ma la notte ha spazzato via ogni speranza: Tom Petty è morto a 66 anni, lasciando una valigia di canzoni memorabili e uno stile onesto e sincero, che gli è valso l’ammirazione di tutti i suoi colleghi. Anche i più riservati, come Bob Dylan, che ha voluto subito rivolgergli un pensiero commosso: «Era un grande performer, pieno di luce, un amico, e non lo dimenticherò». «Le sue canzoni sono senza tempo», lo ha omaggiato Elton John.
Tra i primi a commentare la notizia della scomparsa, anche Ringo Starr e Paul McCartney, a conferma di quel legame speciale con l’universo beatlesiano che Petty aveva sviluppato attraverso le collaborazioni con l’amico George Harrison, anche nel supergruppo dei Traveling Wilburys, assieme allo stesso Dylan, a Roy Orbison e a Jeff Lynne, il genio melodico della Electric Light Orchestra.

Nato nella Florida paludosa di Gainsville nel 1950, Petty subì la classica folgorazione sulla strada del rock, quando a 8 anni incontrò il messia Elvis Presley, sul set del film Follow That Dream. Un titolo che era già un presagio. Tom decise di inseguirlo, quel sogno, in un’ideale cavalcata lunga 40 anni. Capelli al vento e chitarra in spalla, ha incarnato la figura del rocker senza macchia, paladino dei perdenti e dei cuori infranti. Sempre «con un piede nella fossa e l’altro sul pedale», come teorizzava in Rebels. Una carriera che, dopo gli esordi con i Mudcrutch, lo ha visto quasi sempre al fianco dei leggendari Heartbreakers, una delle band live più potenti della storia del rock, a partire dall’esordio omonimo del 1976, griffato dalla trascinante hit American Girl. Da qui in poi una luminosa scia di successi, dall’ispiratissimo album Damned The Torpedoes del 1979 al singolo-prodigio You Got Lucky con cui riuscì ad aggiornare il suo southern rock tradizionalista ai synth tipici del decennio 80. Quindi, una serie di esperimenti audaci, al fianco di Dave Stewart degli Eurythmics - nei panni del cappellaio matto di Don’t Come Around Here No More - e dello stesso Lynne (lo splendido Lp Full Moon Fever del 1989, firmato senza gli Heartbreakers), fino ai giorni nostri. Dissacrante, ironico, Petty è stato anche il primo artista ad aver usato un cadavere come protagonista di un videoclip, seppur con le fattezze da sogno di Kim Basinger (nella ballata Mary Jane’s Last Dance). Un crudele destino ha voluto che a tradirlo fosse proprio il suo grande cuore di Heartbreaker. Ci mancheranno il suo tipico timbro nasale, il suo sorriso e le sue chitarre scintillanti, che ci hanno raccontato per quattro decenni una semplice e magica favola americana.
Ultimo aggiornamento: Martedì 3 Ottobre 2017, 23:30
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