Ostia, ventenne in fin di vita, la fidanzata: «Ho visto Alessandro cadere nel sangue»

Ostia, ventenne in fin di vita, la fidanzata: «Ho visto Alessandro cadere nel sangue»

di Raffaella Troili
Ada si veste di verde, va e viene dalla Rianimazione, quando esce non vuole parlare, poi si calma e lo fa. Racconta una storia surreale, fissando il pavimento, intorno a lei i familiari di Alessandro, con cui stava insieme da 6 anni, da 2 anni convivevano. Ha difficoltà a parlare di un episodio così banale, ma altro non ha da dire, eppure per quel fatto il suo amore è più morto che vivo, «i medici non danno speranza, coma cerebrale».
Ecco come è andata, come si muore a Roma e dintorni, una domenica di luglio. «Tutto per colpa di un fatto avvenuto il 22 giugno: io e Denise, la fidanzata del fratello di Ale, siamo andate in un centro commerciale con una borsa antitaccheggio, da Guess ci hanno fermato e denunciato, abbiamo messo in mezzo gli avvocati, la portavo io, ma aveva rubato lei, tanto che qualche giorno fa Alessandro le aveva detto: prenditi le tue responsabilità, sono tutti capi tuoi. E lei aveva detto di sì». Invece domenica nel tardo pomeriggio, Simone Meddi, fratellastro di Denise ha cominciato a cercare più volte Alessandro De Simoni. «Chissà quella che gli ha raccontato - sempre Ada, 21 anni e un dolore troppo grande - Ale alla fine ha accettato l'incontro, è sceso sotto casa, Simone è sceso da una Clio nera, con lui un amico che lo spalleggiava, era tutto agitato, ero affacciata in finestra, ho visto che gesticolavano». Ada si è preoccupata, il tempo di mettere le ciabatte e scendere.

«Ho sentito come un boato, come se fosse cascato qualcosa. Ho incrociato Simone, gli ho chiesto Ma Alessandro? e lui me lo ha indicato. Era in una pozza di sangue, l'aveva preso a cazzotti selvaggiamente. E' salito in macchina per scappare, ho cominciato a prenderla a calci e pugni. Poi abbiamo chiamato il Pronto soccorso, i carabinieri, Ale aveva fratture al viso, era gravissimo, da Ostia l'hanno portato a Roma». Ora è al San Camillo, i familiari sono arresi, i medici non danno illusioni. Alessandro ha un occhio nero, la parte sinistra del viso piena di ecchimosi, Ada torna a vestirsi di verde, stende il capo vicino a lui, piange e gli parla. «Come farò senza te?». Alessandro lavorava come conducente di auto a noleggio, Ada come responsabile di un albergo a Garbatella.
 
LA MAMMA: AVEVA IL TIRAPUGNI
Fuori la mamma Annamaria, accasciata su una panca ripete solo: «Deve marcire in carcere quello lì, aveva un tirapugni, entri, vada a vederlo in faccia, mio figlio. Come si fa a morire per niente?». I cugini, i parenti, parlano poco. «E' meglio che non esce, è meglio che cambiano tutti quartiere». E ancora Annamaria, che ha 4 figli, uno in carcere: «Era il più buono di tutti, ora non lo vedrò più che mi rompe le scatole per casa, ma io me lo porto via, le ceneri le tengo con me».
 
Ultimo aggiornamento: Martedì 26 Luglio 2016, 09:24
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