Isis, il ritorno del Califfato: dall'attentato in Iran alle nuove roccaforti in Africa, il leader invisibile Abu Al-Hussein

Secondo l'Onu, sono circa 12mila i miliziani tra Siria, Iraq, Afghanistan e Pakistan,

Il ritorno dell'Isis, dall'attentato in Iran alle nuove roccaforti in Africa Il leader invisibile Abu Al-Hussein

Di Abu al-Hassan al-Hashimi al-Qurashi, il precedente capo dell'Isis c'era almeno una foto, mentre dell'attuale califfo (il quinto)  Abu Al-Hussein al-Husseini al-Qurashi, al comando dall'agosto dell'anno scorso, è difficile rintracciare qualche immagini attendibile. Intanto l'Isis, lo Stato islamico, che non era mai uscito dai mirini dei droni e dei missili degli Sttai Uniti, è tornato in prima pagina rivendicando il doppio attentato di Kerman del 3 gennaio in Iran che ha causato  89 vittime fra le quali 54 donne e 10 bambini sotto i 10 anni di età.

Un tragico exploit quello messo a segno da Abu Al-Hussein al-Husseini al-Qurashi, se si prende per buona la rivendicazione senza ascoltare per di più le voci degli Hezbollah libanesi, per il cui leader, Hasan Nasrallah, «l'Isis è uno strumento in mano agli americani». 

Lo scenario in Medio Oriente

In un momento di altissima tensione internazionale, con due guerre in corso in Europa e Medio Oriente e con una situazione incandescente nell'oceano Pacifico orientale, l'Isis ha alzato l'asticella dopo un 2023 sotto gli standard rispetto anche agli anni più lontani dalla ferocia del primo Califfato: attualmente, secondo l'Onu, sono circa 12mila i miliziani tra Siria, Iraq, Afghanistan e Pakistan, più incerti i numeri in Africa, dal Mozambico a gran parte dei paesi dell'Africa centrale e subsahariana.

E' ancora lontana, in altre parole, la sconfitta dello Stato Islamico sunnita che avrebbe colpito l'Iran a maggioranza sciita.

Come riporta la Reuters, con un'analisi di  Michael Georgy e Jonathan Landay, «al culmine dei suoi poteri, lo Stato Islamico ha imposto un regno di terrore su milioni di persone e ha rivendicato il controllo su aree dei territori combinati di Iraq e Siria».

Dal primo al quinto califfato

Purtroppo indimenticabile il suo primo leader, Abu Bakr al-Baghdadi, che dalla moschea irachena al-Nuri nel 2014 glorificò lo Stato Islamico. Il primo califfo venne fatto fuori nel 2019 dale forse speciali americane in Siria, ma serviranno altri incursioni per ridimensiore i gruppi di fuoco che con la jihad, la guerra santa, si proponevano di conquistare, tra azioni di guerra e attentati anche in Occidente, gran parte del medio oriente e del centro Africa senza dimenticare Aghanistan e Pakistan. Le roccaforti di Raqqa in Siria e di Mosul in Iraq sono solo un ricordo.

Cellule dormienti

Negli ultimi anni il movimento si è nascosto e ha formato cellule dormienti che lanciano attacchi “mordi e fuggi”, secondo un consigliere per la sicurezza del governo iracheno che fa parte di un’unità di sicurezza di alto livello che segue le attività dello Stato islamico in Iraq e nei paesi vicini.

Tutti i principali combattenti stranieri sono fuggiti dall’Iraq per paesi come Afghanistan, Siria e Pakistan. La maggior parte si è unita al ramo Khorasan dello Stato Islamico, attivo lungo i confini dell'Iran con Afghanistan e Pakistan. In Libia, dove un tempo governava una striscia di territorio sulla costa mediterranea, il gruppo è più debole, ma potrebbe comunque sfruttare il conflitto in corso nel paese. Anche nello Yemen è in declino.

La situazione in Africa

In Uganda - riporta sempre la Reuters -  i militanti delle Forze democratiche alleate (ADF), alleate dello Stato islamico, hanno organizzato una serie di attacchi negli ultimi mesi, tra cui un massacro in un collegio, l’omicidio di una coppia in luna di miele e, il mese scorso, un raid in un villaggio che ha ucciso almeno tre persone. Gli affiliati hanno il controllo di vaste aree rurali del Mali, del Niger, del Burkina Faso settentrionale e del Nord Africa.

Nel gennaio 2023, l’esercito americano ha effettuato un’operazione che ha ucciso un alto leader dello Stato islamico nel nord della Somalia. 

Le previsioni del centro antiterrorismo degli Stati Uniti

Per il Centro nazionale antiterrorismo statunitense, in un rapporto pubblicato ad agosto 2023, metà delle filiali dello Stato islamico sono “ora attive nelle insurrezioni in tutta l’Africa” e “potrebbero essere pronte per un’ulteriore espansione”.

"Nel complesso, l'Isis ha commesso molti meno attacchi nell'ultimo anno rispetto agli anni precedenti", ha affermato Andreas Krieg, professore associato al King's College di Londra.

Ora però sul tappeto c'è il doppo attentato in Iran. E' presto per ritenere del tutto attendibile la rivendicazione del doppio attentato in Iran, che si presta a più interpretazioni vincolate agli schieramenti nell'attuale crisi nella Striscia di Gaza, ma gli analisti non solo occidentali che si occupano dell'Isis sono di nuovo al lavoro a tempo pieno.


Ultimo aggiornamento: Sabato 6 Gennaio 2024, 10:01
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