Patrick Zaki ha avuto la grazia. A concederla è stato il presidente egiziano Al-Sisi. Così si chiude la vicenda del 32enne ricercatore dell’università di Bologna, accusato dal governo egiziano di diffusione di notizie false per alcuni articoli di opinione scritti sui social. L’attenzione della polizia egiziana si era concentrata su un articolo scritto nel 2019 sugli attentati dell’Isis e due casi di discriminazione nei confronti della comunità copta. Zaki era stato arrestato nel febbraio del 2020 e, dopo tre anni e mezzo, martedì scorso è arrivata la sentenza nel tribunale di Mansura con la condanna a 3 anni di carcere. Di questi tre anni, il ricercatore avrebbe dovuto trascorrere in galera solo 14 mesi considerando la custodia cautelare già scontata. La sentenza è arrivata come un colpo durissimo per l’opinione pubblica italiana visto che non sarebbe stato possibile fare appello e, prima di tutto, è giunto lo sgomento da parte della famiglia di Zaki: il ricercatore infatti è stato portato subito via dall’aula, attraverso il passaggio nella gabbia degli imputati tra le grida della madre e della fidanzata che attendevano all’esterno.
Dopo la sentenza di condanna, erano stati diversi gli appelli internazionali per la concessione della grazia sia da parte del governo italiano che di quello degli Stati Uniti, anche il Comitato per la grazia aveva subito presentato una richiesta di clemenza per lo studente. L’unica possibilità, trattandosi si sentenza inappellabile, era appunto la grazia presidenziale. E ieri la notizia più attesa: Zaki, che in questi anni ha continuato a studiare riuscendo a laurearsi il 5 luglio scorso all’università Alma Mater di Bologna con 110 e Lode, ha ricevuto la grazia.
«Patrick Zaki tornerà in Italia e gli auguro dal profondo del mio cuore, una vita di serenità e di successo», ha commentato la premier Giorgia Meloni ringraziando il presidente egiziano per la sua «attenzione e disponibilità».
Ultimo aggiornamento: Giovedì 20 Luglio 2023, 06:05
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