Michela Murgia, il non-matrimonio con Lorenzo Terenzi: l'abito bianco, l'anello, la rana: tutti i significati della famiglia queer

Continua il racconto di Michela Murgia sulle sua famiglia queer e sulle sue nozze «articulo mortis»

Michela Murgia, il non-matrimonio con Lorenzo Terenzi: l'abito bianco, l'anello, la rana: tutti i significati della famiglia queer

di Redazione web

«Voglio arrivare viva alla morte», questo aveva promesso Michela Murgia qualche mese fa quando ha scoperto di avere un carcinoma renale al quarto stadio, e questo sta facendo. Con una serie di piccoli e grandi gesti gioiosi, coraggiosi e contestatori, che vive e condivide sui social.

Un pezzo importante del puzzle la scrittrice lo ha messo il 15 luglio quando ha sposato Lorenzo Terenzi, attore, regista, autore e anche musicista, conosciuto nel 2017 grazie a uno spettacolo teatrale in cui lei era la protagonista e lui lavorava alla regia. 


 

Michela Murgia, le nozze con Lorenzo Terenzi

Michela Murgia ha sposato con rito civile in «articulo mortis» (in punto di morte) seppur controvoglia il suo Lorenzo. «Se avessimo avuto un altro modo per garantirci i diritti a vicenda - scrive la scrittrice nel post di commento al video in cui appongono le firme - non saremmo mai ricorsi a uno strumento così patriarcale e limitato, che ci costringe a ridurre alla rappresentazione della coppia un'esperienza molto più ricca e forte, dove il numero 2 è il contrario di quello che siamo. Niente auguri, quindi, perché il rito che avremmo voluto ancora non esiste. Ma esisterà e vogliamo contribuire a farlo nascere». Il post condiviso dall'autrice di Tre Ciotole ha ottenuto il pieno di like. Significativo anche il reel di annuncio del matrimonio, pubblicato con in sottofondo la canzone di Anouk "Nobody's Wife", scelta non casuale visto il titolo. 

Le riflessioni a una settimana dal rito civile

Continua il racconto di Michela Murgia sulla sua famiglia queer e torna a riflettere sulla sua unione civile e contesta la frase che si pronuncia ai matrimoni: «Prometto di esserti fedele sempre». Un concetto che rifiuta perché vede nella fedeltà «solo un altro nome del possesso, dove fermenta la tossina della gelosia, che inquina i sentimenti e struttura i rapporti di potere più dolorosi e squilibrati». E racconta che fin da quando era piccola, trovava difficile riuscire a rispondere in modo netto alla domanda «Sei un tipo fedele?». Ecco perché la scrittrice torna a sostenere la sua scelta di aderire ai rapporti queer: «Rigetta la fedeltà e richiede l’affidabilità. Con chi vai a letto o di chi sei innamorato sono dati ininfluenti. Chi vuole essere costretto ad appartenere ad altri in modo esclusivo, tantomeno sotto minaccia di legge o dello stigma sociale dell’infedele?». E conclude: «La violazione della fedeltà è l’alibi delle violenze domestiche e dei femminicidi. È in nome della fedeltà che si può dare a una donna della puttana, giudicarne il comportamento e persino ottenere delle attenuanti in tribunale se la si ammazza». 

La mutevolezza come concetto assoluto

«Prometto di non lasciarti mai», ci si dice anche ai matrimoni. «Di tutte le promesse che si possono fare a qualcuno, questa è la più crudele, arrogante e disumana. Significa: di me so già tutto e posso garantirti che non cambierò mai, perché la mia essenza è così statica che non prevedo di evolvermi in nessuna direzione». La Murgia trova tutto questo assurdo, cosa che non avviene nei rapporti queer. «La queerness, che è una pratica della soglia, fa il contrario: accoglie il cambiamento come strutturale. Se non cambia, anzi, se pretende di non cambiare, il rapporto non è queer e nasconde al suo interno strumenti di oppressione dell’altrə. Il mutamento è la sola possibilità di sopravvivenza dell’energia vitale che ognunə di noi coltiva intimamente». 

La sua famiglia queer

Poi l'ultima riflessione su Instagram di Michela Murgia è su una frase che si sente ripetere di continuo dopo aver rivelato che i suoi legami più profonsi sono racchiusi nel concetto di famiglia queer. «Non puoi dire che sono tuoi figli, non li hai partoriti. Ho sincera compassione per chi continua a ripetermi questa frase convinti di ferirmi, ma è una frase che mi indigna anche, perché intorno a me vedo tantissimi madri e padri queer che invece ne restano annichiliti, cancellati nella loro scelta d’amore per essere ridotti alla funzione biologica, che spesso hanno subito con dolore e hanno aggirato con enormi sacrifici economici, fisici e rischio sociale», risponde oggi con un lungo post su Instagram. 

L'abito: la stilista e il significato del ricamo

La salentina Maria Grazia Chiuri, direttrice creativa di Dior, ha disegnato l'abito da sposa di Michela Murgia, anche se l'autrice era intimorita all'idea di vedersi come sposa.  «Quando Maria Grazia Chiuri mi ha detto “voglio disegnarti l’abito da sposa” ho provato imbarazzo: non mi considero una sposa.

Il fatto che tutt3 continuino a romanticizzare la questione e farci le congratulazioni non cambia la realtà: io e Lorenzo abbiamo firmato un contratto con lo Stato per avere diritti che non c’era altro modo per ottenere così rapidamente», ha spiegato su Instagram. “God save the Queer”, c’era ricamato con perline rosse sull’abito di Michela Murgia. E la stessa frase c'era anche sulle magliette degli altri “sposi” ispirate alla copertina punk dei Sex pistols col volto della scrittrice al posto di quello della regina. Il lavoro di Maria Grazia Chiuri esprime alla perfezione le sue intenzioni: si tratta infatti di una mini-collezione “completamente bianca per tutti, de-sacralizza il colore nuziale, che cambia significato: il bianco è inclusivo, sintesi additiva di tutti i colori dello spettro. Nella collezione di cui ci ha fatto dono, realizzata ad hoc, ci sono solo pezzi intercambiabili, no gender, tra i quali ciascunə ha scelto la combinazione che meglio esprimeva la sua identità. 

L'anello del figlio

A pochi giorni dal non-matrimonio Michela Murgia condivide con i follower un'altra foto molto importante che spiega la propria idea di famiglia. «Questa è la mano di uno dei miei figli» scrive. «All’anulare indossa una fede matrimoniale, perché è sposato. Al mignolo indossa invece uno chevalier di resina che imita la madreperla e riproduce una raganella. Lo possediamo tutt3. È il nostro anello familiare. I due anelli stanno insieme e nessuno dei due prende in giro o nega l’altro, perché entrambi significano cose serie. Il primo non va spiegato: tutt3 sappiamo che una fede nuziale rappresenta il vincolo e le sue promesse. Il secondo esprime invece la queerness della nostra esperienza familiare allargata. La rana è un animale transizionale, che nella sua vita cambia stato molte volte, da uovo a girino per svariati stadi prima di raggiungere la maturità, ed esiste dentro a un continuo processo di mutamento. È anfibia, ama habitat differenti e li frequenta senza appartenere necessariamente solo a uno. Salta volentieri. Nuota. Cammina. Canta. In certe varianti può cambiare colore per mimetizzarsi, perché ci sono circostanze in cui non essere vistə può essere l’unica cosa che ti salva la vita». 

Il significato della rana

La scrittrice prosegue: «L’anello con la rana incarna una sola promessa: cambieremo insieme, liber3. Non ci siamo scambiat3 questo oggetto, nessun3 ha vincolato gl3 altr3 e non è un anello matrimoniale collettivo, la scimmiottatura dell’altro cerchio. Eppure per noi è un segno di appartenenza altrettanto potente: su quel dito piccolo abitano insieme sia la nostra capacità di “restare” affidabili a vicenda che il muscolo del salto, il potenziale interiore di guardare oltre e, se necessario, anche essere altro. Sembra utopia, ma sono vent’anni che per noi tutto questo funziona».


Ultimo aggiornamento: Domenica 23 Luglio 2023, 11:31
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