Trieste, cadavere trovato appeso a un guardrail. Gli investigatori: «Nessuna tortura, non si tratta di omicidio»

A trovarlo sarebbero stati tecnici dell'Anas

Trieste, cadavere trovato appeso a un guardrail. Gli investigatori: «Nessuna tortura, non si tratta di omicidio»

di Redazione web

Bendato, le mani immobilizzate, i piedi legati con nastro adesivo e impiccato a una sbarra del parapetto di protezione posto dietro al guardrail, penzoloni davanti a una scarpata di una decina di metri. Lo hanno trovato così stamani i tecnici dell'Anas lungo la Grande viabilità di Trieste, una arteria ad alta velocità che porta fuori città. Erano andati lì per fare manutenzione e sfoltire le piante la domenica mattina e invece hanno trovato il cadavere. Celato - perché bisognava passarci vicino a piedi per notarlo - ma non troppo: se fosse finito nella scarpata, in un anfratto non frequentato e difficilmente raggiungibile a piedi, tra vegetazione e animali non sarebbe stato scoperto che dopo molto tempo. Invece, quest'uomo che apparentemente sembra di mezza età, di carnagione scura e di provenienza mediorientale, è stato scoperto abbastanza presto rispetto alla data della morte: benché in parte saponificato, il decesso risalirebbe soltanto a due o tre giorni fa. 

Chi potrebbe essere la vittima

Sul corpo, tra le altre carte, è stato trovato un certificato del 10 settembre scorso, che diagnosticava una «sindrome ansiosa depressiva» e prescriveva la necessità di una visita psichiatrica. Il certificato era stato rilasciato dalla Donk-Humanitarian Medicine. L'uomo potrebbe essere un cittadino iraniano, B.K., nato a Teheran nel 1968, a Trieste senza fissa dimora.

 

La scoperta

Addosso i Carabinieri, che indagano sul caso, gli hanno trovato atti, carte varie ma non documenti personali. Dunque è cominciata la ricerca delle generalità. Inizialmente si era diffusa la voce che l'uomo fosse stato torturato o comunque sottoposto a sevizie, ma i Carabinieri hanno smentito: almeno in questa fase iniziale, anche per le condizioni del corpo, non sarebbero stati rinvenuti segni di violenza di questo tipo. Il ritrovamento macabro ha scosso Trieste, poco abituata a casi di questo tipo. Difficile non pensare a un «lavoro» di killer professionisti, a uno scenario che riconduce a un omicidio.

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Facile associarlo a una resa dei conti di stampo mafioso, una tragedia maturata nel mondo del traffico di stupefacenti, dunque a una partita di droga non saldata, oppure a scontri tra bande di criminali slavi, se non al fiorente fenomeno migratorio con le organizzazioni della tratta che qui trova il terminal della Rotta balcanica, vista la prossimità con il confine. Ogni giorno in città giungono decine di migranti, condotti da passeur professionisti. Una azione che, per la crudeltà e la platealità, sembra un messaggio, un monito rivolto a qualcuno. I Carabinieri sono molto cauti: recuperato il cadavere, dopo un primo superficiale esame, nessuna pista viene privilegiata. E nel pomeriggio tra le tante affiora anche la (apparentemente poco credibile) ipotesi del suicidio.

 

 

Le indagini

Le mani erano sì legate, ma avevano un margine di azione di una trentina di centimetri, distanza sufficiente per preparare l'ultimo gesto ma non tale da riuscire a liberarsi in caso di un eventuale ripensamento una volta avviata l'impiccagione, analizzano gli investigatori.

Certo, una azione che per complessità e minuziosità di dettagli ricorda le tortuose circostanze della morte di Liliana Resinovich, la donna di 63 anni che si sarebbe uccisa soffocandosi infilando la testa in due sacchetti di plastica dopo essersi chiusa all'interno di due grandi sacchi, di quelli utilizzati per i rifiuti.

In questo caso gli investigatori sperano di trovare qualche riferimento visionando i filmati delle telecamere che sorvegliano la Grande velocità, un'arteria che somiglia a un' autostrada e che nessuno percorre a piedi. Città tranquilla e placida Trieste, dove però ciclicamente avvengono eventi significativi per gravità: che si tratti dei due agenti uccisi in Questura e del sequestro di oltre quattro tonnellate di droga con i narcos colombiani che escono dal carcere per scadenza dei termini cautelari; del singolare caso della Resinovich o del conflitto a fuoco tra due famiglie kosovare nella centrale via Carducci. Per citarne alcuni.

Procura verso l'esclusione dell'omicidio

Dagli elementi emersi finora non sono «in alcun modo» indicativi di un «decesso dovuto all'opera di terzi». Lo scrive la Procura di Trieste in una nota diffusa stamani sul caso dell'uomo trovato impiccato ieri mattina sulla Grande velocità triestina. Sul corpo, tra le altre carte, è stato trovato un certificato del 10 settembre scorso, che diagnosticava una «sindrome ansiosa depressiva» e prescriveva la necessità di una visita psichiatrica. Il certificato era stato rilasciato dalla Donk-Humanitarian Medicine. L'uomo potrebbe essere un cittadino iraniano, B.K., nato a Teheran nel 1968, a Trieste senza fissa dimora.

«Sul corpo nessun segno di tortura né di violenza»

Dall'ispezione cadaverica non è emerso sul corpo alcun segno di tortura né di violenza, e nemmeno bruciature, lesioni da taglio e traumi, si tratta invece di «lesioni post mortem, conseguenti ai fisiologici fenomeni putrefattivi che hanno interessato il cadavere». Invece, «gli unici segni rinvenuti sulla salma sono quelli tipici dell'impiccamento». La Procura ha precisato che la benda trovata sugli occhi dell'uomo e che copriva gran parte del volto era una camicia a maniche corte, arrotolata; un'altra camicia gli bloccava invece le mani lasciandogli comunque un'apertura di circa 30 centimetri. I piedi erano invece bloccati da nastro adesivo. Viene confermato che la morte risalirebbe a 36-48 ore prima del ritrovamento; non è stata invece disposta ancora l'autopsia ma il magistrato titolare delle indagini, Maddalena Chergia, la disporrà quanto prima.


Ultimo aggiornamento: Lunedì 25 Settembre 2023, 13:55
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