Trump, il lunedì della verità: a rischio proprietà, conti bancari e campagna elettorale. Ma ha un asso nella manica: il suo social

Il tycoon cerca soldi per le spese legali dei suoi processi e per la campagna elettorale. Dietro l'angolo l'ipotesi di pignoramento delle sue proprietà.

Trump, il lunedì della verità: a rischio proprietà, conti bancari e campagna elettorale. Ma ha un asso nella manica: il suo social

di Redazione web

Donald Trump ha le ore contate. Il tycoon corre come Alice nel Paese delle Meraviglie nei boschi più bui, per cercare soldi per le sue cause legali ma soprattutto per la sua campagna elettorale. Un lunedì davvero complicato per lui questo 25 marzo. Primo appuntamento al tribunale di New York per l’udienza in cui il giudice Juan M. Merchant deciderà se il processo riguardante i pagamenti effettuati dall’ex presidente alla pornostar Stormy Daniels potrà iniziare il 15 aprile o dovrà slittare a data da destinarsi.

Ma attenzione: la corsa all'oro dell'ex Presidente Usa prevede un asso nella manica. Nel fine settimana Trump è riuscito a quotare in borsa il suo social network Truth, con un’operazione che gli frutterà 3,5 miliardi di dollari. C'è una clausola però, l’ex presidente disporrà di tale mastodontica cifra soltanto tra sei mesi - come riporata la stampa a stelle e strisce.

L'udienza preliminare

Poco prima di dirigersi al tribunale di New York, Donald Trump ha pubblicato un post in cui si è scagliato contro i procuratori e giudici dei suoi processi. In particolare afferma che il caso che si discute contro di lui oggi «dovrebbe essere archiviato» perché il procuratore distrettuale di Manhattan che lo ha istruito, Alvin Bragg, è corrotto.

L'ex presidente accusa poi di essere corrotto anche Arthur Engoron, il giudice che l'ha condannato a pagare un risarcimento di 464 milioni di dollari nel processo civile per frode di New York, affermando che la cauzione a garanzia di questa somma che dovrebbe versare entro oggi è «fraudolenta».

«È una caccia alle streghe e una bufala». Sono state queste le poche parole pronunciate da Donald Trump ai tanti giornalisti che lo aspettavano fuori dalla corte a Manhattan. Il tribunale, dove è iniziata l'udienza sui pagamenti in nero alla porno star Stormy Daniels, è blindato da decine di auto della polizia e agenti.

 

La cauzione 

Secondo appuntamento. Il tycoon dovrà affrontare una vera e propria corsa contro il tempo, per depositare una cauzione che gli permetterà poi di presentare l’appello contro la mega multa da 454 milioni di dollari impostagli al termine del processo per frode nella Grande Mela.

I termini di quest’ultimo procedimento scadono nella giornata di oggi. La sentenza afferma che il candidato del GOP e i dirigenti della Trump Organization hanno gonfiato il valore dei loro beni per ottenere condizioni più favorevoli da finanziatori e assicuratori.

La causa, intentata dalla Procuratrice generale di New York, Letitia James, inizialmente chiedeva 250 milioni di dollari di danni, ma in seguito ha aumentato la cifra a 370 milioni di dollari, più gli interessi. Al momento, sembrerebbe che al candidato repubblicano manchino ancora 150 dei 464 milioni di cauzione che deve versare in garanzia.

Il pignoramento

Se entro oggi, dunque, l’ex leader politico statunitense non riuscirà a depositare la cifra richiesta, ci sarà il pignoramento di alcune delle sue iconiche proprietà da parte della procura statale di New York. Secondo le ultime indiscrezioni della stampa estara, nel mirino dell’Attorney General della Grande Mela, ci sarebbero la Trump Tower sulla Fifth Avenue, gli uffici di Wall Street, il resort di Mar-a-Lago, in Florida, la residenza di Seven Springs nonché una serie infinita di Golf Club. Quello che più preoccupa gli avvocati del candidato del GOP, però, è la possibilità di un congelamento dei suoi conti bancari, più semplice da attuare rispetto al sequestro dei beni materiali, in quanto si tratta di una pratica più immediata.

Nonostante ciò, nel weekend, sul proprio social Truth, Trump aveva dichiarato di disporre di 500 milioni di dollari in contanti. Un’affermazione smentita dal New York Times, secondo cui al momento il tycoon avrebbe tra le mani «solo» 300 milioni.

«Non ho fatto nulla di male»

Nel frattempo, in questi giorni l’ex presidente statunitense si è scagliato più volte contro la procuratrice James, definita come «la folle e radicale democratica che vuole sequestrare le mie proprietà», e il giudice Arthur Engoron, il magistrato che lo ha condannato al pagamento della maxi multa, ribattezzato come «il giudice che odia Trump». «Non ho fatto nulla di sbagliato se non vincere un’elezione nel 2016 che non mi aspettavo di vincere, ho fatto ancora meglio nel 2020 e ora sono in vantaggio, di molto, nel 2024», ha infine concluso il tycoon, «Questo è il comunismo in America».


Ultimo aggiornamento: Martedì 26 Marzo 2024, 18:49
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