Tsunami in Sri Lanka, una ragazza romana:
"Una barca ci ha colpiti. Dal cielo"

Tsunami Sri Lanka, un'italiana: "Una barca ci colpì. Dal cielo"

di Luca Bussi
In occasione dell'undicesimo anniversario dello Tsunami che sconvolse l'Asia, pubblichiamo un articolo del nostro inviato in Sri Lanka, uscito sul Messaggero del 28 dicembre 2004. Riporta la testimonianza di una giovane romana dall'inferno del catclisma che investì il Paese.


dal nostro inviato

COLOMBO (Sri-Lanka) - Silvia ha 30 anni, è di Roma, ha i capelli biondi e una gran voglia di parlare. Forse spera di liberarsi così di quei terribili momenti passati nello Sri Lanka. Stava andando a trovare Barbara, una sua amica di Milano che da qualche mese si è trasferita a Hikkaduwa, nel Sud dell'isola dell'Est asiatico, quando il furgone sul quale stava viaggiando con alcuni suoi amici è stato investito. Da una barca, per l'esattezza, un grosso gozzo lanciato a tutta velocità dalla violenza dello tsunami. Capelli biondi raccolti, maglietta bianca e pantaloni sportivi, mentre attende l'imbarco sull'aereo della protezione civile per tornare a Roma con i suoi amici e il primo gruppo di italiani scampati alla furia del maremoto, Silvia preferisce non dire il suo cognome: «Mettete solo Silvia - si raccomanda - Non sono ancora riuscita a contattare i miei genitori e preferisco raccontare loro di persona quello che mi è capito».

«Ero arrivata a Colombo per andare a trovare la mia amica Barbara: si è sposata con uno del posto e avremmo dovuto partecipare al rito cattolico. Stavamo percorrendo la strada costiera con un van, un furgoncino-taxi. Arrivati a Matara abbiamo visto il mare gorgogliare. Le onde erano alte e l'acqua aveva già mangiato parte della spiaggia. I pescatori che vivono in baracche lungo la costa cercavano di recuperare le proprie cose ormai in balia delle onde. Improvvisamente abbiamo visto il mare ingrossarsi e poi “sputare” improvvisamente un'onda gigantesca che ha coperto tutta la spiaggia e invaso la strada, scaraventando una barca davanti al nostro pullmino».

Quella era soltanto l'onda che precedeva lo tsunami, che ha poi spazzato via il villaggio di Matara e devastato tutta la parte sud-est dello Sri Lanka, dove ora si trovano ancora isolati in piccoli villaggi, in attesa di soccorsi, un centinaio di italiani. «Per fortuna l'autista ha subito imboccato una stradina sterrata che si inerpica verso l'interno, sopra una collina - riprende Silvia - Quella decisione è stata la nostra salvezza. Mentre a tavoletta scalavamo la collina abbiamo incontrato gente del posto che scendeva a valle. Era come incuriosita da quello strano evento. Abbiamo cercato di dissuaderli, ma erano come affascinati da quelle gigantesche onde. Solo ora mi rendo conto che quella gente è corsa incontro alla morte. Noi abbiamo proseguito scalando la collina. Arrivati in cima abbiamo chiamato degli amici negli Stati Uniti, in Italia era notte fonda. Abbiamo chiesto loro di vedere via internet cosa stesse accadendo. Diverse ore dopo ci hanno richiamato spiegandoci del maremoto. Non siamo stati soccorsi da nessuno - conclude la ragazza - Da soli, dopo diverse ore di strada tortuosa e sterrata, siamo riusciti a raggiungere Colombo, la capitale. E lì abbiamo scoperto che c'erano stati più di 5mila morti e centinaia di dispersi».

Quando Silvia termina il suo racconto, l'altoparlante dell'aeroporto di Colombo chiama l'imbarco del volo per Roma. Ora Silvia è tornata a Roma, ma Barbara, la sua amica, è ancor a Hikkaduwa, isolata dal resto dal mondo con altri cento italiani (tra questi c'è un'altra romana leggermente ferita) che oggi la protezione civile italiana cercherà di raggiungere e riportare sani e salvi a Colombo.

Il racconto di una ragazza italiana, 11 anni dopo la strage

Posted by Leggo - Il sito ufficiale on Sabato 26 dicembre 2015

Ultimo aggiornamento: Sabato 26 Dicembre 2015, 22:47