Uccisione del cane nuvola, il perito del Tribunale: «Escludo che a ucciderlo sia stata la balestra in sequestro»

Uccisione del cane nuvola, il perito del Tribunale: «Escludo che a ucciderlo sia stata la balestra in sequestro»
Uccisione del cane nuvola, il perito del Tribunale cambia le carte in tavola. Lo studioso autonomo Emilio Galeazzi nominato dal giudice Giacomo Autizi ieri mattina ha escluso che le ferite riportate dal pastore maremmano siano state inferte con le armi sequestrate a casa dell’imputato. 

Il 26 maggio 2013 fu ucciso il cane Nuvola, pastore maremmano di una coppia di Fabrica di Roma. Accusato di averlo trafitto il vicino di casa, un militare quarantenne. «In base agli esami effettuati - ha detto Emilio Galeazzi - e agli studi sugli oggetti in sequestro posso dire che è stato sicuramente un fatto efferato che l’animale è stato colpito con un corpo appuntito con profilo quadrilatero, tipo attrezzo agricolo. Non è possibile specificare quale dei due fori, trovati sul pastore maremmano, sia quello di entrata e quale di uscita. Escludo che per praticarli sia stata usata una balestra come quella sequestrata all’imputato, in quanto in commercio non ci sono dardi che possano lasciare quel tipo di ferite».

Il perito non avrebbe potuto nemmeno ricostruire la dinamica del delitto, né sapere dove è stato ferito. «C’è un foro sulla cuccia - ha continuato - ma non posso dire se il cane è morto all’interno o ci si è trascinato dopo essere stato colpito, a terra c’era gocciolamento copioso di sangue». Per capire che tipo di segno lasciano i dardi sequestrati Galeazzi avrebbe fatto anche delle prove. «Su un cartoncino - ha detto - ho visto il tipo di segno che lasciano. Su altri materiali avrei ottenuto lo stesso risultato».

La perizia di Galeazzi sarà messa in contraddittorio, il 10 settembre, con quella della Procura e quella della difesa. I punti di vista dei vari consulenti sono, a tratti, diametralmente opposti. Secondo il perito della Procura, il docente di balistica forense dell’Università della Tuscia Martino Farneti, «Non c’è alcun dubbio - affermò Farneti durante la sua testimonianza, più di un anno fa - che il cane sia stato ucciso con la balestra. Per la precisione con un dardo coi puntali per la caccia agli animali. La freccia lo ha trapassato a velocità elevatissima. Un dardo con la cuspide quadrangolare, di quelle che in Italia sono vietate per la caccia, ma che si possono reperire sul mercato clandestino. Sul suo corpo c’erano i tagli tipici di quest’arma».


Nel processo si sono costituiti parti civili, assistite dagli avvocati Anna Paradiso, Giacomo Barelli e Dominga Martines: il proprietario, l’Enpa e l’associazione animalista, Incrociamo le zampe onlus.
Ultimo aggiornamento: Sabato 18 Luglio 2020, 11:16
© RIPRODUZIONE RISERVATA