Vega C, dalla Guyana Francese oggi il primo lancio del razzo costruito dall'Avio a Colleferro Diretta

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Paolo Ricci Bitti inviato a Kourou (Guinea Francese)

Mario Cioeta ci pensa un po' e dice: “Dal primo al quarto stadio e poi all'ogiva porta-satelliti saranno almeno 14mila pezzi, ma contando solo quelli che assembliamo noi per “comporre” Vega C, perché poi ci sono i pezzi che compongono parti già costituite, per non dire delle parti delle apparecchiature elettroniche, per non dire dei 5mila chilometri di filo di carbonio con cui sono “tessuti” gli stadi”, conclude il tecnico dell'Avio, responsabile dell'architettura del razzo che oggi 13 luglio alle 13.13 decollerà dallo spazioporto europeo di Kourou, nella Guyana francese.

Tutti quei 13 non sono casuali perché anche nel mondo rigoroso degli ingegneri aerospaziali c'è bisogno di sfruttare tutte le possibilità per la riuscita di un evento spaventosamente difficile come la prima missione di un nuovo razzo. Così anche per Vega C, come avvenne 10 anni fa per Vega, una delegazione di tecnici è partita in pellegrinaggio per una chiesetta cattolica di Kourou: obbiettivo l'accensione di un cero in parte rallentata dalla celebrazione di un battesimo, evento considerato di buon auspicio.Anche perché per i razzi lanciatori come Vega C, ovvero come tutti gli altri razzi, una volta avviato il decollo non si può fare altro che sperare ed eventualmente pregare. Il razzo funzionerà per tutta la missione da solo in base alla programmazione senza la possbilità di intervenire da terra.

Aurelio Riciputi ci pensa un po' e dice: “Nel primo stadio di Vega C, ovvero il “motore P120”, vengono “colate” 140 tonnellate di combustibile solido: perclorato di ammonio e di polvere di allumio mescolate con un legante polimerico. Avete in mente quei bastoncini che si accendono per carnevale per fare le scintille? Ecco, qualcosa del genere. Per “impastare” questi componenti usiamo quel miscelatore altro 15 metri che, sì, ricorda un robot da cucina, solo un po' più grande. Qui a Kourou ne abbiamo 2 dei 5 che esistono al mondo. E poi al P120 carico di, sì, possiamo dire di esplosivo, facciamo anche i raggi X per cercare eventuali difetti tipo piccole crepe e “bolle” nel combustibile: usiamo un macchina da 12 milioni di elettronvolt, la teniamo in questo capannone bunker con una porta di acciaio e cemento spessa 60 centimetri”, conclude il responsabile di Regolus, la società mista Avio (40%) e Ariane Groupe (60%) che alla fine degli anni 80 raccolse e tramandò l'arte dei “colatori” di carburante solido (chiamato in gergo “grano”) della storica societa Bpd di Colleferro.

Vittorio Colao ci pensa un po' e non dice niente. Si aggiusta il caschetto blu e inizia la risalita della colossale rampa di lancio alta 50 metri da dove decollerà Vega C scaricando nei canali di sfogo di cemento armato fiammate che raggiungeranno i 1500 gradi, come in una fonderia. Dentro i motori (gli stadi) la temperatura sarà doppia per sprigionare l'energia necessaria a far raggiungere i 28.800 chilometri orari al razzo che al decollo pesa 210 tonnellate. Anche Colao è stato fornito di scarpe di gomma ed è stato inviato a lasciare in auto il cellulare durante la visita alla rampa che permette quasi di toccare Vega C, di vedere sotto la protezione ternica bianca le “trecce” di filo di carbonio con cui sono tessute le pareti degli stadi che sono così leggeri ed iper-resistenti: una delle caratteristiche vincenti dei razzi Vega. E ancora una volta si torna da questi sopralluoghi con negli occhi la preparazione e la passione contagiosa dei tecnici coinvolti in avventure che collegano manualità artiginali millenarie a visione futuristiche della tecnologia. Dieci anni fa, dopo il decollo di Vega, i tecnici di Avio cantarono "Fratelli d'Italia" in mezzo alla giungla non solo per scaricare la tensione accumulata in decenni di lavoro, ma anche per ricordare ai francesi che da quel giorno la vita allo spazioporto di Kourou comprendeva un protagonista in più da affiancare ai razzi Ariane ai quali, peraltro, Avio continuerà a fornire i booster (i razzi ausiliari), ovvero i motori P120.

Il ministro dell'Innovazione tecnologica con delega allo Spazio non dice inizialmente niente perché si resta senza parole la prima volta che si vede un razzo come Vega C sulla rampa di lancio. Il gigante alto 35 metri “imprigionato” nella torre della rampa in mezzo ai 4 piloni antifulmini. Camicia bianca griffata Avio e appiccicata alla pelle, Colao è il primo ministro italiano che si è preso la briga di attraversare l'oceano Atlantico e di sbarcare nell'afa tropicale dell'ex bagno penale 500 chilometri a nord dell'Equatore per capire che cosa c'è dietro i primati dei razzi dell'Avio di Colleferro, che cosa c'è al vertice del comparto aerospaziale dell'Italia che grazie ai missili lanciatori della famiglia Vega è fra le 7 nazioni al mondo che hanno accesso diretto allo spazio. Le prime tre sono Stati Uniti, Russia e Cina... Vega merita questa attenzione, merita di crescere ancora grazie ai fondi del Pnrr stanziati dal Governo che punta a garantire stabilità al comparto aerospaziale italiano sempre all'avanguardia in fatto di capacità tecnologiche, ma negli anni penalizzato dalle frenetiche alternanze di governi a differenza di quanto avviene ad esempio proprio in Francia.

Diretta live

Qui la diretta streaming dell'Esa

 

Lo spazioporto

A Kourou sembra di essere tornati indietro nel tempo fino al 2012, alla vigilia del primo lancio del razzo Vega (Vettore europeo di generazione avanzata). Lo spazioporto di 100mila ettari strappati al muro verde della foresta tropicale è definito “europeo”, ma si capisce subito – allora come oggi - che ci si trova in casa dei francesi che vanno accontentati anche se pretendono che gli “ospiti” mettano le pattine sul loro territorio di oltremare. Ma c'è un modo infallibile per non rompere l'etichetta con gli amici ed alleati francesi che affidano la difesa dello spazioporto ai massicci legionari: fare come e meglio di loro. E Vega, progettato e costruito al 70 per cento dall'Avio a Colleferro per conto dell'Agenzia spaziale europea, l'ha fatto infilando con successo le prime 14 missioni consecutive (record mondiale) e completando 18 missioni su 20 (altro record). Adesso è il turno del fratello maggiore, Vega C, alto 35 metri (5 in più di Vega) e capace di issare in orbita, anzi, in più orbite, fino a 2,2 tonnellate di satelliti (una in più del fratello minore) e per di più, e soprattutto, mantenendo invariati i costi.

Un razzo lanciasatelliti che ha già 7 lanci prenotati e altri 7 in trattativa e che si mette in prima linea nel mercato mondiale dei lanciatori attraversato da un enorme boom di richieste anche perché il nostro modo di vivere attuale non sarebbe più replicabile senza le informazioni fornite dai satelliti.

“Vega C - ha ricordato l'ad di Avio, Giulio Ranzo, nella sala di controllo Jupiter, può accogliere il 90% dei tipi di satelliti, mentre Vega si fermava al 50%”. E anche Vega C (C sta per Consolidation) resta un esempio virtuoso di collaborazione internazionale”.

L'Italia, anche per Vega C, è capofila del progetto dell'Esa che coinvolge Austria, Belgio, Repubblica Ceca, Francia, Germania, Irlanda, Italia, Paesi Bassi, Norvegia, Romania, Spagna, Svezia e Svizzera. Le squadre al lavoro dalla progettazione alla realizzazione sono 24 e inoltre vi sono fornitori di ulteriori nazioni come ad esempio l'Ucraina che firma il motore del quarto stadio, l'Avum, l'unico a carburante liquido che consente più accensioni (“spari”, termine usato anche per i fuochi di artificio). Al momento Avio ha in deposito alcuni di questi motori, con la speranza che il conflitto termini al più presto.

Il coordinamento è affidato all'Agenzia spaziale italiana con Avio che realizza a Colleferro il 70 per cento del lanciatore.

La missione

Per il suo volo di qualifica (Maiden flight) che durera 2 ore e 15 minuti (ma i primi tre stadi a carburante solido fanno il loro lavoro in poco meno di sei minuti).

L'unico comando impartibile: l'autodistruzione

Una volta impartito il comando di accensioone decollato, Vega C deve fare tutto solo, anche le plurime accensioni del quarto stadio, anche perché non sarebbe facile fornire tempestivi ed efficaci comandi a una “macchina” che vola a 28.800 chilometri orari. Da terra gli si può impartire un solo comando: l'autodistruzione. In una sala riservata del centro di controllo Jupiter c'è un tecnico del Centres national d'etudes spaciales (Cnes, l'agenzia spaziiale francese padrona di casa nello spazioporto) che ha il compito di seguire la “nominalità” (regolarità) della traiettoria di Vega C: se il razzo sgarra anche di pochissimo viene premuto il pulsante rosso perché a quella velocità il missile può raggiungere zone, abitate o meno, molto lontane.

Le bandierine viola

Proprio la necessità di rendere perfetto Vega C per consentirgli di volare in piena autonomia ha spinto i tecnici a studiare sistemi ridondanti di controllo e di verifica delle millanta fasi di assemblamento. Ogni volta che viene completata un'operazione viene meticolosamente staccata la bandierina viola ad essa assegnata. Se alla fine restano bandierine vuole dire che bisogna controllare quella determinata operazione. Un po' come se resta in mano una vite quando si è montato un mobile dell'Ikea: qualche passaggio delle istruzioni non è stato evidentemente seguito con attenzione. Stessa cosa, un filo più complicato, con le oltre 150 bandierine viola impiegate per Vega C.

Disco Ball

Il razzo Vega C ha un carico in gran parte italiano in cui spicca il satellite scientifico Lares 2, dell'Agenzia Spaziale Italiana. Anche 10 anni fa il il primo volo di Vega decollò con il satellite Lares. Ora siamo al Lares 2 (LAser RElativity Satellite 2) è stato concepito e progettato dal team scientifico del Centro Fermi e La Sapienza Università di Roma e stato realizzato dall'Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (Infn). Fra gli scienziati coinvolti Paolo Bellomi, Richard Matzner, Ignazio Ciofolini (Centro Fermi di Roma), Antonio Paolozzi e Vahagn Gurzadyan. Lares 2 E' una sfera in lega di nickel ad alta densità dalla massa di 300 chilogrammi sulla quale 303 retroriflettori (ricorde le sfere tutte di specchietti appese ai soffitti delle discoteche) che permetteranno di tracciare la sua orbita con grande accuratezza: i dati permetteranno di verificare sperimentalmente alcuni aspetti della relatività previsti da Einstein e di eseguire misure di geodesia spaziale attraverso il Centro Spaziale dell'Asi ai Matera. Il Sistema Lares 2 è stato sviluppato da OHB Italia, sotto la guida e il coordinamento dell'Asi. Da terra vengono, in altre parole, inviati segnali che verranno riflessi dai retroriflettori: calcolando, in andata e ritorno, i tempi dei segnali, è possibile effettuare una vasta parure di esperimenti. Lares 2 verrà portato molto in alto (6mila chilometri) rispetto alle orbite basse dei satelliti finora agganciati al cielo da Vega quasi sempre sotto i mille chilometri di quota

I Cubesat

Vega-C rilascerà inoltre in orbita, più in basso di Lares 2, sei cubesat (cubi di 10 centimetri di spigolo pesanti al massimo un chilogramma) selezionati dall'Agenzia Spaziale Europea e realizzati da università e centri di ricerca europei, tra cui anche gli italiani Astrobio (realizzato da Inaf, Sapienza Università di Roma e dalla Scuola di Ingegneria Aerospaziale della Sapienza), un cubesat che ospita un laboratorio miniaturizzato basato su un'innovativa tecnologia che eseguirà autonomamente esperimenti bioanalitici nello spazio, con una serie di potenziali applicazioni in missioni di esplorazione planetaria sia umana che robotica; GreenCube (realizzato da Sapienza Università di Roma), promossi e guidati nello sviluppo dall'ASI, e Alpha di ArcaDynamics. Gli altri tre cubesat sono: Trisat-R dell'Università di Maribor (Slovenia) e MTCube-2 e Celesta entrambi dell'Università di Montpellier (Francia).

Paolo Ricci Bitti


Ultimo aggiornamento: Giovedì 23 Febbraio 2023, 19:08
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