'Ndrangheta su Roma, il video dell'irruzione della Dia in un ristorante della Capitale

Video

Una vasta operazione della Direzione investigativa antimafia (Dia) è in corso a Roma e provincia, nel Lazio e nelle province di Cosenza e Agrigento, per dare esecuzione a misure cautelari nei confronti di 26 persone indiziate di far parte di un'associazione per delinquere di stampo mafioso costituente una 'locale' di 'ndrangheta radicata sul territorio della Capitale, finalizzata ad acquisire la gestione o il controllo di attività economiche in diversi settori facendo ricorso poi a intestazioni fittizie per schermare la reale titolarità delle attività.

Il terremoto avvertito in mezza Italia: dalla Toscana a Friuli, Veneto e Trentino

Numerosi i settori commerciali coinvolti, da quello ittico, alla panificazione, dall'ambito delle pasticcerie al ritiro delle pelli e degli olii esausti. L'organizzazione di matrice 'ndranghetista si riproporrebbe, alla stregua di quanto ricostruito dalle indagini, in termini di gravità indiziaria, anche il fine di commettere delitti contro il patrimonio e l'incolumità individuale, affermando il controllo egemonico delle attività economiche sul territorio. Sono tuttora in corso perquisizioni.

Arrestato un 22enne di Canicattì

È una la misura cautelare in carcere, eseguita dalla Dia di Agrigento, nell'ambito dell'operazione fra le province di Roma e Cosenza su un'associazione per delinquere di stampo mafioso costituente una «cellula» di ' ndrangheta radicata sul territorio della Capitale. Fra le 26 misure firmate a carico di altrettanti indagati, la Dia di Agrigento ha rintracciato e bloccato un ventiduenne di Canicattì. Si tratta, secondo quanto emerge, di un giovane che non è collegato agli ambienti mafiosi dell'Agrigentino. 

Sequestro per 100 milioni di euro

Un sequestro complessivo di 100 milioni di euro è stato messo in atto dagli uomini della Dia, coordinata dalla Dda di Roma, nell'ambito dell'operazione che ha portato oggi all'arresto di 26 persone accusate di fare parte di una «locale» ' Ndrangheta che operava da anni nella Capitale. Complessivamente sono state poste sotto sequestro 25 società. Gli indagati sono accusati, a seconda delle posizioni, di associazione mafiosa, sequestro di persona e fittizia intestazione di beni.

 

L'operazione di oggi segue quella avvenuta nel maggio scorso.

Secondo gli inquirenti, a capo della struttura criminale c'erano Antonio Carzo e Vincenzo Alvaro, legati a famiglie di 'ndrangheta operanti nella zona di Cosoleto (Reggio Calabria). In base a quanto accertato dai pm di Roma, coordinati dagli aggiunti Michele Prestipino e Ilaria Calò, il gruppo criminale puntava ad acquisire la gestione di attività economiche nei settori della panificazione, mercato ittico, pasticcerie e ritiro pelli. Le mani del clan erano finite anche sul business della ristorazione e dei bar.

Coldiretti: business da 24,5 miliardi di euro

Dal pesce al pane fino ai dolci l'agroalimentare è diventato un settore prioritario di investimento della malavita con un business criminale che ha superato i 24,5 miliardi di euro. È quanto afferma Coldiretti in riferimento all'operazione della Direzione Investigativa Antimafia per l'esecuzione di misure cautelari nei confronti di 26 persone accusate di far parte di una locale di ' ndrangheta, radicata nella Capitale e finalizzata ad acquisire la gestione e il controllo di attività economiche nel settore agroalimentare, dall'ittico alla panificazione fino alla pasticceria.

La criminalità comprende la strategicità del settore in tempo di crisi economica perché - sostiene l'organizzazione agricola - consente di infiltrarsi in modo capillare nella società civile e condizionare la via quotidiana delle persone. Non solo- aggiunge Coldiretti- si appropriano di vasti comparti dell'agroalimentare e dei guadagni che ne derivano, distruggendo la concorrenza e il libero mercato legale e soffocando l'imprenditoria onesta, ma - precisa l'organizzazione agricola - compromettono in modo gravissimo la qualità e la sicurezza dei prodotti, con l'effetto indiretto di minare profondamente l'immagine dei prodotti italiani ed il valore del marchio Made in Italy.

Con i classici strumenti dell'estorsione e dell'intimidazione le agromafie- rileva Coldiretti- impongono l'utilizzo di specifiche ditte di trasporti, o la vendita di determinati prodotti agli esercizi commerciali, che a volte, approfittando della mancanza di liquidità, arrivano a rilevare direttamente grazie alle disponibilità di capitali. Un fenomeno che -conclude l'organizzazione agricola - minaccia di aggravarsi ulteriormente per gli effetti del caro prezzi provocato dalla guerra che potrebbe spingere le imprese a rischio a ricorrere all'usura per trovare i finanziamenti necessari.


Ultimo aggiornamento: Mercoledì 9 Novembre 2022, 13:12
© RIPRODUZIONE RISERVATA