Sorrento, 5 luoghi magici da visitare: ecco perché

Sorrento, 5 luoghi magici da visitare: ecco perché

di Gustavo Marco Cipolla

Caffè nero bollente sorseggiato guardando il Vesuvio “su una vecchia terrazza davanti al golfo di Surriento”. Bagnando il bordo della tazzina caldissima con il cucchiaino intinto, bevendolo rispettando la tradizionale regola delle “3 C”. Un rito igienico, quasi scaramantico, che va di moda ai tempi del Covid, mentre il profumo dei limoni che crescono nei magici giardini della Penisola Sorrentina avvolge i sensi. Il set di Pane, amore e..., protagonista “la smargiassa” Sophia Loren, venerata come una santa dopo aver girato con Vittorio De Sica a Marina Grande il film diretto da Dino Risi. La leggenda della Sirene che costrinsero il navigatore Ulisse a legarsi ad un palo per non ascoltare i loro canti ammalianti e la ciurma, narra Omero nell'Odissea, a tapparsi le orecchie con la cera. A Sorrento troneggiano le dimore storiche, oggi alberghi luxury dall'atmosfera museale come il Vittoria, dove si dice, ma forse è un falso perché la voce che si ascolta dovrebbe essere di Beniamino Gigli, che il tenore Enrico Caruso interpretò il successo “Torna a Surriento”, brano di Ernesto De Curtis composto sul testo del fratello Giambattista. Ispirato da lui, Lucio Dalla, nell'attacco del suo pezzo, ha dipinto in versi quel mare che luccica osservato dalla stanza in cui soggiornò. A Sant’Agnello sorge la residenza del 1912 appartenuta a Nonna Etta, sorella di Achille Lauro, che a scanso di equivoci non era una popstar ma un armatore, ora omaggio al  Mediterraneo con vista mozzafiato sul vulcano. Il Grand Tour e il “Viaggio in Italia” di Goethe, Benedetto Croce, la letteratura e la casa del poeta e filosofo Torquato Tasso. Perle d'epoca romana, fra cui le Ville patrizie sulle acque cristalline che sfiorano la roccia calcarea e il tufo, lasciano spazio ai Bagni della regina Giovanna d'Angiò del 1350 che, anticipando Lucrezia Borgia, «vi consumava pasti lussuriosi con i suoi servi-amanti e successivamente soleva ucciderli, prima di essere vittima di un assassinio da parte del cugino usurpatore», spiega la guida ambientale ed escursionistica Mariano Orsi. Confutabile l’attribuzione della lussureggiante area, risalente al I secolo d. C., al ricco Pollio Felice.

 

E ancora, la cappella dedicata a San Costanzo che, aperta solo il 14 maggio con l’usanza degli abitanti della ridente Termini di portare a spalla in processione la statua che lo rappresenta, svetta e divide la costiera napoletana da quella salernitana. La Penisola concorre in fatto di turismo di lusso con quella amalfitana e, dunque, con le Tre Ville-albergo situate a Positano, in precedenza domus d’otium del regista Franco Zeffirelli. L’area marina protetta di Punta Campanella  in linea d'aria si collega a Capri, separata dall’isola da Bocca Piccola, sulla via del Tempio di Minerva, dapprima di Atena. Il nome deriva dall’uso di suonare le campane in caso di avvistamento dei pirati e qui, nel 1558, i Turchi riuscirono a saccheggiare l’impenetrabile roccaforte, rubandole nella chiesa del patrono Sant’Antonino. Nel 1985 l’archeologo Mario Russo scoprì un’incisione di probabile origine sumera sulla quale era scritta la parola “esskazsiùm”, che tradotta significherebbe “scintilla”. Quindi, tra miti e leggende, uno dei primi fari rinvenuti o un porto. Tutelato dal Fai il sacro luogo della  Baia di Ieranto a Massa Lubrense, dal Greco “jerax” che vuol dire sparviero e ha la forma di un rapace, visibili dall’alto le torri difensive d’avvistamento saracene per scongiurare gli attacchi degli arabi. Ci sono il Museo dell’Intarsio, con preziose opere in legno confezionate seguendo la tecnica della “tarsia”, e il Vallone dei Mulini che, scavato dai ruscelli di Casarlano, poi tramutato in una falegnameria, delimitava il territorio dove in precedenza era situato il Castello Aragonese. Da visitare in centro la Fondazione Sorrento, culla e galleria culturale a Villa Fiorentino. Imperano la Street Art e l'arte fotografica dei talenti, fra i tanti Raffaele Celentano, ritornato dalla Germania per esporre i suoi scatti d'autore all’interno di mostre cittadine diffuse. Cinque posti incantevoli da non perdere per chi ama i viaggi culturali e, perché no, praticare snorkeling subacqueo o trekking sulle alture. Spingendosi sino ai Monti Lattari, così chiamati nell’Antica Roma per i loro pascoli da latte.

Sul set di “Pane, amore e…” con Sophia Loren e Vittorio De Sica

Questa è la storia del maresciallo Antonio Carotenuto che, in congedo, viene richiamato nella natale Sorrento a capo dei vigili. Convinto di poter tornare a vivere nella dimora di proprietà, scopre che l’abitazione è stata occupata dalla “smargiassa” Sofia Cocozza, una bellissima pescivendola di cui finirà per invaghirsi. Una pagina del cinema italiano, datata 1955 e girata fra le reti dei pescatori e la piazzetta di Marina Grande, nonché terzo capitolo della serie iniziata con Pane, amore e fantasia e Pane, amore e gelosia, per la regia di Luigi Comencini che passerà il testimone di Pane, amore e… a Dino Risi. Il protagonista maschile in divisa è Vittorio De Sica, ma l’affascinante volto femminile è quello di Sophia Loren, che prese il posto in qualità di sostituta della diva “rivale” Gina Lollobrigida, secondo alcuni troppo costosa per le sue pose davanti alla cinepresa. Indimenticabile sul set l’interpretazione della caratterista napoletana Tina Pica, star delle pellicole di Eduardo De Filippo e con Totò, nei panni della governante Caramella. L'attenzione al dettaglio di Risi trascina lo spettatore in ambienti diversi, si serve di personaggi inimmaginabili nell’inventato paesino di Sagliena, come la turista svedese, varia la scenografia. La trama della sceneggiatura rimane quasi la medesima, il cavaliere infatuato che nell’epilogo lascerà la sua bella tra le braccia del legittimo pretendente. Però la trasferta sorrentina rinnova l’intreccio narrativo, quasi a volerlo nascondere favorendo un clima più pacato. Novità la fotografia a colori, firmata da Giuseppe Rotunno. È nei libri di cinematografia la scena in cui Loren e De Sica ballano lo scandaloso “Mambo italiano” sotto gli occhi della giunta comunale. Nello stesso anno, coinvolgendo i due attori, il regista realizzava Il segno di Venere mentre la quarta pellicola della saga si sarebbe spostata in Spagna con le riprese di Pane, amore e Andalusia. Su un palazzetto bianco, accanto ad un lampione vicino alla Chiesa di Sant’Anna, si legge su una maiolica stellata “Affacciata a questa finestra Sofia Loren, la smargiassa di Pane, amore e, rese ancora più Grande questa Marina”. Quello della Loren, che nel 2009 ha ricevuto le chiavi d’oro della città, è quasi un culto per i sorrentini, tant’è che Mario Cappozzi e sua moglie Lina Aversa le hanno dedicato un ristorante. Tra manifesti, foto d’epoca e locandine cult.

A spasso tra limoneti e “spremute alcoliche” di agrumi

Una lunga tradizione legata alla passione e al saper fare. Proprio come si faceva una volta. Fra le meraviglie paesaggistiche di Sorrento, una tappa imperdibile con i pergolati in castagno, dove crescono limoneti e agrumeti, sono I Giardini di Cataldo. L’album dei ricordi è indissolubile da quello della famiglia Esposito che, a partire dall’800, li ha resi un tesoro en plein air dal valore enogastronomico inestimabile, prendendosi cura del cosiddetto fondo “Petrulo” nel periodo in cui i prodotti di qualità erano destinati soprattutto ai clienti escluisivi. Un’esperienza imprenditoriale a conduzione familiare, menzionata dallo scrittore Roberto Fusco nel suo libro Terre di casa mia. Quando l’armatore Achille Lauro decise di comprare il fondo, Cataldo portò l’attività ai più alti livelli produttivi introducendo una tecnica sconosciuta che consentiva di innestare i limoni sugli aranci, favorendone così la coltivazione i cui frutti cominciavano ad essere apprezzati all’estero. Ottanta operai lavoravano quotidianamente con dedizione e costanza, il magistrale coordinamento del fondatore permise di conquistare il premio come migliore azienda del Meridione. Il figlio Salvatore e sua nipote Rossella ne conservano la memoria e l’eredità, quest’ultima diventata nel 1999 un’impresa agricola che prosegue il suo operato basandosi sui capisaldi della natura e dell’artigianalità culinaria da tutelare e tramandare alla generazioni future.

Limoncello, liquori al mandarino e alla liquirizia, gelati, granite e marmellate all’arancia deliziano in maniera verace pure i palati più raffinati.


Fondazione Sorrento, un contenitore d’arte a Villa Fiorentino

Da Pablo Picasso a Marc Chagall, passando per Arnaldo Pomodoro, Henri Matisse e Salvador Dalì, fino agli autori locali come il fotografo Raffaele Celentano con la personale Le sirene e il tufo, che ritrae nelle grotte le mitologiche donne dalla coda di pesce o, forse, dal corpo di uccello. Villa Fiorentino è il cluster in stile neoclassico dai tocchi americani che i proprietari vollero costruire su Corso d’Italia, nel cuore del centro storico, ora gestito dalla Fondazione Sorrento, ente misto pubblico nato nel 2006 e presieduto da Gianluigi Aponte, patron della Msc Crociere, e guidato dall’ad Gaetano Milano, quale contenitore di eventi destinati all’intrattenimento e galleria d’arte che ospita esposizioni di pittori celebri o di artisti autoctoni. Edificata tra il 1926 e il 1930 sul terreno che i coniugi Fiorentino avevano acquistato agli inizi degli anni ’20, fu progettata dall’ingegnere Almerico Gargiulo con un’imponente fontana centrale circondata da palmeti, fiori e aiuole. Sino al 2000, la casa colonica raffigurata nel catasto del 1880, caratterizzata da decorazioni murarie e affreschi, aveva addirittura un custode, Luigi Minieri che vi risiedeva insieme ai familiari dal ’70, mentre nel 1980 i padroni ne disponevano la donazione tramite un testamento al Comune. Affinché diventasse fulcro di attività culturali con uno spazio destinato al divertimento dei più piccoli che Antonino Enrico Fiorentino, commerciante di fazzoletti oltreoceano, e sua moglie Lucia Cuomo amavano tanto e volevano proteggere dai gas di scarico delle automobili attraverso un parco giochi dentro un vero “polmone verde”. In pieno lockdown, l’idea di un’esposizione virtuale e un’iniziativa charity con il ristoratore Giuseppe Aversa. Dalla cinta vicereale dei muri allo splendore artistico dei nostri giorni, un romanzo tutto da scrivere per custodire, far conoscere ed esportare “il prodotto Sorrento” grazie a ben sette istituti nel territorio della Campania.

Il Museo Bottega della Tarsia lignea a Palazzo Pomarici-Santomasi

Situato in via San Nicola, nell’antico centro cittadino pieno di vicoli e stradine, il Museo dell’Intarsio si dipana sui due piani del rinomato Palazzo Pomarici-Santomasi. Qui, in seguito al restauro, è possibile ammirare la collezione permanente di oggetti tipici dell’alta artigianalità sorrentina, mobili di pregio, pezzi d’antiquariato e arredo realizzati secondo l’intramontabile tecnica della tarsia lignea. Sono esposti, in un arco temporale che va dal ‘400 all’800, i piccoli-grandi capolavori di maestri nazionali e della Penisola, che ancora adesso vanta quasi 700 cultori esperti del manufatto impegnati a preservare il metodo artigianale strizzando l’occhio al design moderno. Più che uno spazio museale una “Bottega”, come l’ha definito l’architetto e fondatore Alessandro Fiorentino, per scoprire un inedito decorativismo, materiali originali, le lavorazioni a “mosaico” e “ricaccio”, incantati da stampe e immagini d’antan sulle pareti. Presenti, inoltre, alcune tele dipinte nel 1800 da pittori italiani della Scuola di Posillipo, ma non solo, tra cui Alessandro La Volpe, Giuseppe Carelli, l’olandese Anton Sminck van Pitloo, così come il russo Sil'vestr Feodosievič Ščedrin e l’ambasciatore del Naturalismo Enrico Coleman. Al piano superiore, uno scenografico allestimento ottocentesco site-specific riproduce i nobili appartamenti del posto, svelando secrétaire, stanze da letto, aree domestiche per il riposo, studi e le proposte contemporanee di Sawaya & Moroni, Marcello Morandini, dell’esponente del Postmodernismo Paolo Portoghesi, Filippo Alison, nativo di Torre Annunziata dove si trova la Villa di Poppea riemersa dagli Scavi di Oplontis. Poi, Alessandro Mendini, Riccardo D'Alisi e Fiorentino, il quale ha pensato ad una costruzione che «rappresenta un nuovo modello di museo, una struttura polifunzionale mirata alla valorizzazione di quei comparti dell'artigianato artistico che, oltre ad un passato da documentare, hanno oggi una realtà produttiva da confermare nel tempo e da riqualificare nei contenuti». In un’ottica di formazione, internazionalizzazione e non solo di mero ricordo, volta a migliorare e tenere vivo il settore manifatturiero.

L’antica residenza di “Nonna Etta”, sorella dell’armatore Achille Lauro

Una fiaba centenaria nel vicino Comune di Sant’Agnello. Era il 1912 quando Antonietta Lauro, sorella dell’armatore Achille e moglie del noto imprenditore edile Giuseppe Maresca, costruiva la sua residenza privata sul golfo di Sorrento trasformandola in un albergo 60 anni fa. Bisnonna e nonna di chi gestisce quello ribattezzato in un tributo al Mediterraneo, “Etta” al termine del Secondo conflitto mondiale, durante la guerra civile, si prodigò per ospitare e aiutare i profughi settentrionali sfollati dal governo provvisorio del Nord e spediti nella Penisola Sorrentina. Ma, finita la battaglia, molti decisero di rimanere a vivere sulla costiera e di non fare ritorno nelle loro abitazioni. Così i 6 figli di Antonietta ebbero l’idea di rendere la loro dimora una location ideale per l’accoglienza alberghiera e l’hôtellerie. In principio il nome era “Terminus”, poiché sorgeva alla fine della strada, poi è arrivata la recente denominazione per onorare il Mare nostrum. Tavoli e consolle in lava vesuviana nelle camere, maioliche, le sfumature cromatiche dei tramonti nell’arredamento esaltato dalle architetture, i pavimenti in parquet che ricordano le palafitte in legno che ampliavano i lidi peninsulari, abat-jour che evocano le lampare dei marinai. La gestione odierna con  Sergio Maresca, affiancato dai fratelli Pietro e Francesco Monti, è molto attenta all’ecologia e al rispetto dell’ambiente fondendo funzionalità e stile per raggiungere presto gli obiettivi “plastic free”. La ristrutturazione è stata affidata all’architetto Manuela Mannino, dello studio londinese THDP, con lo scopo di coniugare gli standard internazionali "look and feel", ma in chiave young, ai gioielli territoriali del paesaggio, puntando su un turismo meno ingessato e giovanile. Lo sky bar, da cui si può toccare il cielo con un dito guardando il Vesuvio, è ormai una consolidata vetrina per i musicisti emergenti nella stagione estiva. Celata nelle vecchie fondamenta in pietra tufacea, prospiciente un ascensore a picco sulla spiaggetta sottostante, la spa è un paradiso wellness per viaggiare tra le essenze e le sensazioni della terra campana mediante i “signature rituals”. I sapori puri della cucina di Giuseppe Zaccone, che si è aggiudicato tre volte il prestigioso riconoscimento “100 Chef Awards”, sono un toccasana per i golosi. Zaccone abbina le eccellenze Dop della cultura partenopea alla raffinatezza, attualizzando, ma senza stravolgerlo, il gusto autentico delle ricette made in Napoli.


Ultimo aggiornamento: Martedì 21 Settembre 2021, 10:28
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