Solstizio d'inverno con igloo, tutti eschimesi per un giorno sul Monte Livata

Solstizio d'inverno con igloo, tutti eschimesi per un giorno sul Monte Livata

di Maria Serena Patriarca

Solstizio d’inverno con igloo. Sembrerebbe la Groenlandia, eppure siamo nel cuore del Parco Naturale Regionale dei Monti Simbruini, a 1600 metri di altitudine e solo un’ora e mezza da Roma. Tutti eschimesi per un giorno sul Monte Livata, in occasione di una delle date “topiche” del calendario. Prendendo come punto di partenza Campo dell’Osso, un facile sentiero nella faggeta innevata, sul percorso che porta a Monte Autore (regno del picchio muraiolo, del merlo d’acqua e dell’otarda) arriva alla radura dove si possono ammirare, proprio in occasione del solstizio d’inverno (ma potrebbero resistere anche due mesi) tre igloo o, come si direbbe correttamente nella lingua degli Inuit “iglu”, senza accento sulla u. L’itinerario, con doposci o scarpe da trekking impermeabili, si può agevolmente percorrere anche senza ciaspole, poiché la neve è compatta lungo il sentiero.

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Come spiega l’ecoantropologo romano Damiano Tullio, guida Federtrek, artefice dell’iniziativa della costruzione degli iglu nei suoi programmi di trekking antropologico, il termine  “igluvigaq”  significa proprio “casa del ghiaccio”, anche se gli iglu veri e propri erano case temporanee, per i periodi di caccia, o luoghi dedicati a rituali legati alle forze della natura. L’esperimento di realizzare gli iglu con piccoli gruppi di adulti e piccini appassionati di trekking e di “rewilding” in natura sarà ripreso, sempre con massima attenzione alle norme di sicurezza antiCovid, dopo il lockdown natalizio, sabato 9 e domenica 24 gennaio. “Ho appreso le tecniche di costruzione dell’iglu nel corso della mia esperienza diretta di tre mesi, per ricerche etnografiche, a contatto con la cultura Inuit e le società native del Grande Nord”, spiega Tullio, l’unico, nell'arco di tutti gli Appennini, a realizzare escursioni di questo genere, coinvolgendo i partecipanti nella costruzione dell’iglu, che dura fra le quattro e le cinque ore.

Sentirsi Nanook of North per un giorno è senz’altro un’esperienza originale e divertente. Ma nell’ottica dell’ecoantropologia c’è anche un valore aggiunto, ed è proprio lo stesso Damiano a spiegare che “il lavoro fisico che coinvolge ogni partecipante, adulto o bambino, diventa attivo anche a livello cognitivo. Lavorando con la neve un’intera giornata, a contatto con ambienti naturali incontaminati, si va ad agire sul cervello rettiliano, viene incrementata la produzione di serotonina e si abbassano i livelli di ansia e depressione; quindi è un’ottima pratica per lenire, per esempio, stati di sindrome post traumatica”. In tempi preCovid l’esperienza dell’iglu prevedeva, specialmente nel Parco Nazionale d’Abruzzo, la possibilità di dormire, per chi avesse il sacco a pelo adeguato. La temperatura all’interno dell’iglu, infatti, non scende mai al di sotto dello zero, ed è meraviglioso accendere un fuoco all’interno e ammirare le stelle dal buco nel ghiaccio, sulla sommità della cupola. Buco che gli Inuit coprono con una lastra di ghiaccio, a seconda della violenza o meno dei venti artici. Come precisa Tullio, la porta e l’interno di un iglu nel Grande Nord sarebbero coperti di pelli di foca, e all’interno si utilizzerebbe il grasso di balena per il falò, così come verrebbe utilizzata una sega di osso di balena per modellare i blocchi di ghiaccio. Per info si può visitare il sito www.antropostudio.org. Osservando i tre igloo che hanno accolto l’alba del solstizio sul Monte Livata ricordiamo un proverbio Inuit: “che tu possa avere calore nel tuo iglu, olio nella tua lampada e pace nel tuo cuore”.


Ultimo aggiornamento: Lunedì 21 Dicembre 2020, 11:29
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