Pistoia da vedere e mangiare, tra i luoghi d’arte seguendo il Cammino di San Jacopo

Pistoia da vedere e mangiare, tra i luoghi d’arte seguendo il Cammino di San Jacopo

di Gustavo Marco Cipolla

Un insolito city break nel capoluogo toscano per scoprire la bellezza delle chiese zebrate e visitare l’esposizione diffusa con le opere di Michelangelo Pistoletto

Nella monografia “De Catilinae coniuratione”, Sallustio menziona Pistoia in occasione della congiura ordita dal militare e senatore Lucio Sergio Catilina contro la Repubblica romana, terminata con la sconfitta di quest’ultimo e datata 62 a. C., in seguito alla battaglia sulla Montagna pistoiese. Il fascino senza tempo della città di antica fondazione, le architetture romaniche, gotiche e rinascimentali rendono incantato il capoluogo toscano da scoprire in un itinerario inedito, adatto per un city break. L’etimologia, dal latino Pistorium, Pistoria o Pistoriae, si associa a coloro i quali impastavano il pane, i "pistores", e Plauto nella sua commedia “Captivi” gioca sul doppio senso della denominazione per definire gli abitanti locali. Passeggiare in piazza del Duomo, dopo una sosta nel pittoresco mercato, consente di perdersi fra le celebri chiese zebrate, realizzate con i marmi bianchi di Carrara e i verdi pratesi che creano quelle caratteristiche striature che spiccano tra i palazzetti aristocratici, i chiostri e i musei già avvolti dalle tre precedenti cinte murarie. Troppo spesso sottovalutata se confrontata con le più gettonate Pisa e Firenze, Pistoia vanta una ricchezza artistica inestimabile e, nel 2017, è stata eletta Capitale italiana della cultura.

Crocevia di scambi commerciali per la sua posizione, il centro storico è sempre stato il fulcro della politica e della religiosità con i suoi monumenti e gli edifici nobiliari: piazza della Sala presenta diverse costruzioni sacre che danno l’idea di quanto la fede e il Cristianesimo siano stati rilevanti nel tessuto urbano. I vicoli e le strade dai nomi buffi, come “via Abbi Pazienza”, sono un libro aperto sulla storia che aspetta solo di essere letto. La musica, inoltre, è un’altra protagonista indiscussa grazie al festival Pistoia Blues”, che va in scena d’estate e, negli anni, ha ospitato cantautori e compositori del calibro di Jimmy Page, Brian Auger e BB King, Rory Gallagher. La prossima edizione si svolgerà dal 7 al 16 luglio: sul palco, tra gli altri, Elisa, Manuel Agnelli, Willie Peyote e Ariete. Chi preferisce il folklore potrà divertirsi con la Giostra dell’orso, che ripropone il classico torneo medievale in costume. Per l’evento vengono benedetti i cavalli della corsa e, alla cerimonia di festa del patrono San Jacopo, partecipano personaggi storici nonché suonatori di chiarine e tamburi.

La cupola del Vasari, San Zeno e il Cammino di San Jacopo

Svetta sul panorama la cupola del ‘500 progettata da Giorgio Vasari, uno dei simboli più amati e fotografati dai turisti. La sua imponenza racchiude la Basilica della Madonna dell’Umiltà i cui lavori, iniziati nel 1495, furono portati a termine nel 1568. Nacque per onorare la Madonna col Bambino, immagine custodita nella chiesetta di Santa Maria Forisportam che, alla fine del ‘400, fu associata ad un evento prodigioso poiché trasudò un liquido miracoloso. Le preziose opere artistiche e liturgiche di quello che sarebbe diventato un santuario, meta di culto e preghiera, sono attribuite alla famiglia Rospigliosi che nel ‘600 contribuì ad ampliare il “Tesoro della Madonna”. La Cattedrale di San Zeno si fa risalire al 923. All’esterno si trova la Porta Santa, aperta eccezionalmente per l’Anno Santo Iacobeo che culmina nel 25 luglio quando la ricorrenza cade di domenica in calendario. Il Giubileo è stato prorogato da Papa Francesco, vista l’impossibilità delle celebrazioni a causa della pandemia, ed è dedicato a San Giacomo il Maggiore (o San Jacopo) patrono e protettore del luogo. Un ponte spirituale collega idealmente Pistoia con Santiago de Compostela, in Spagna, dove sono conservate le reliquie dell’apostolo. Varcando la Porta, in corrispondenza della quale si scorge la “Rosa dei venti”, una lapide marmorea in cui è incastonata la famosa conchiglia a nove raggi del pellegrino, nel periodo giubilare si ottiene l’indulgenza plenaria per il perdono dei peccati. Mentre l’Altare argenteo, collocato nella cappella del Crocifisso o del Giudizio, rappresenta uno dei maggiori esempi di maestria orafa gotica con interventi di Filippo Brunelleschi, che probabilmente scolpì i busti dei profeti Geremia e Isaia, un Sant'Agostino e un San Giovanni Evangelista seduto. Risale al 1287, completato nel 1456. Qui è esposto il monumentale reliquiario, eseguito nel 1407 a Firenze da Lorenzo Ghiberti, che conserva una reliquia ossea della nuca del discepolo martire giunta lì nel 1145 dalla Galizia per volontà del vescovo Atto. I due capolavori d’arte appartenevano al Tesoro dell’opera di San Jacopo (o Iacopo) all’interno di quella che Dante Alighieri chiamò la “sagrestia de’ belli arredi”. Tra misticismo e spiritualità, è forte il legame della cittadina pistoiese con la terra spagnola: lungo circa 170 chilometri, il Cammino di San Jacopo è un percorso che consente di conoscere le meraviglie della Toscana settentrionale sulla rete viaria dell’Antica Roma, la via Cassia-Clodia, che attraversando le bellezze fiorentine univa l’Urbe al porto di Luni. Così, spingendosi fino al Medioevo, in un susseguirsi di narrazioni popolari, Pistoia si è trasformata nel tempo nella “Piccola Santiago”. La motivazione è presto detta: i fedeli in pellegrinaggio vi sostavano per arrivare a Santiago o nella Città Eterna, omaggiando la reliquia dell’apostolo Jacopo. Per consolidare il rapporto gemellare, un cippo che simboleggia la distanza dalla città galiziana è stato donato al comune, quasi ad esaltare l’ideale correlazione con la località che preserva le spoglie di San Giacomo. In piazza del Duomo, inoltre, si tiene ogni anno la “Vestizione” per ricordarne il martirio. Nel rito, che si ispira ad un antico cerimoniale, un mantello rosso copre la statua collocata sulla facciata destra della cattedrale. Il manto però evoca anche una leggenda che coinvolge il Santo, tacciato di poca onestà nel suo mestiere di sensale: avendo molti debiti, era solito giustificarsi con i creditori affermando che avrebbe pagato quando le temperature sarebbero state più calde. Tant’è che, in pieno luglio, si aggirava freddoloso indossando una cappa di lana rossa con lo scopo di rimandare i pagamenti. Durante la cerimonia estiva i Vigili del fuoco si occupano di vestirlo con la mantellina benedetta dal parroco, sulla quale si nota la conchiglia jacopea, che resta sul busto sino alla conclusione dei festeggiamenti. Il Cammino di San Jacopo costituisce uno straordinario trait d’union con le altre destinazioni del pellegrinaggio, fino a Gerusalemme, grazie alla via Romea Strata o la via Romea Germanica. Dopo aver visitato paesaggi naturalistici e gemme dei fasti artistici, da Livorno ci si può imbarcare verso Barcellona e, scegliendo i secolari cammini catalani o quello francese, approdare a Santiago.

Il fascino architettonico delle chiese zebrate e l’Ex Tau

Il Battistero di San Giovanni in corte si specchia nella curtis regia con la Cattedrale di San Zeno, in piazza del Duomo, e il suo stile gotico è della metà del XIV secolo. Fu edificato sui resti di una costruzione ecclesiastica del periodo longobardo, Santa Maria in corte. La base ottagonale è del 1301 e, al suo interno, c’è la biglietteria de “Il tesoro di San Jacopo”. Fuori è rivestito di candido marmo carrarese e verde proveniente da Siena o Prato, che producono i meravigliosi effetti cromatici, mentre l’altezza del complesso è di circa 40 metri. Nel 1975, le operazioni di restauro hanno svelato nel fonte battesimale la data del 1226 e la firma dello scultore Lanfranco da Como. Di fronte c’è la torre campanaria, dove fermarsi su prenotazione anche per un aperitivo e contemplare dall’alto la vista mozzafiato. Da non perdere lo Spedale del Ceppo, decorato dal maestoso “fregio robbiano”. L’Ex chiesa del Tau, con il suo ciclo di affreschi databili 1372 e realizzati dal fiorentino Niccolò di Tommaso, in sinergia con il pistoiese Antonio Vite, ha un’unica navata in tre campate con volte a crociera. Le immagini riproducono scene del Vecchio e del Nuovo Testamento, oltre alla vita di Sant’Antonio Abate, a cui è dedicata, e che è solitamente rappresentato con un maialino accanto e un bastone a forma di T: il nome Tau deriva dalla T greca cucita dai religiosi sulla tunica come manifestazione di devozione al Santo. Intorno al ‘300, Fra Giovanni Guidotti fondò il convento nell’area parrocchiale di San Giovanni Fuorcivitas. Qui sono esposte alcune opere dello scultore pistoiese Marino Marini che, tra plasticità delle forme e materia, indagando sul rapporto fra l’uomo e l’ambiente, traduce nei suoi lavori la visione astratta e la figurazione in un turbine di istinto ed emotività. Dagli anni ’50 ai ’60 ecco, quindi,  “Il grande grido”, “La composizione di elementi”, “Il miracolo”, “Il cavaliere”, “Una forma in un’idea” e altre sette piccole composizioni scultoree di pregio. Il palazzo accanto, detto del Tau, dal 1990 è la sede della Fondazione omonima. Nella seconda metà del ‘300 fu creato l’ospizio e ospedale, specializzato nella cura dei malanni e, in particolare, del “fuoco di sant’Antonio”. Non distante la Chiesa di San Giovanni Fuorcivitas, contraddistinta dalle righe dei suoi marmi esterni: da lì è possibile raggiungere San Filippo Neri e la Biblioteca Fabroniana. L'appellativo “fuorcivitas” è dovuto all’ubicazione fuori dalla prima cerchia muraria mentre l’eleganza decorativa simboleggia una delle massime testimonianze romaniche con il suo patrimonio artistico che include  il pulpito di Fra Guglielmo da Pisa, del 1270, e la Visitazione in terracotta invetriata di Luca Della Robbia. La pieve di Sant’Andrea custodisce il pulpito, con rilievi in marmo bianco e colonne in porfido, e due crocifissi lignei colorati di Giovanni Pisano. Dall’VIII secolo, proseguendo sino al 1200, la facciata si attribuisce a Gruamonte e Adeodato.

L’architrave del 1166, con “Il viaggio dei Re Magi”, è un omaggio ai primi pellegrini della cristianità. Da qui il viaggiatore si dirigeva verso i valichi appenninici del nord, sulla via Francesca della Sambuca. Nella zona meridionale, Pistoia era collegata all’arteria stradale europea del Medioevo, la via Francigena, che oltrepassando il fiume Arno a Fucecchio si includeva nei cammini sacri.

La “Cappella Sistina pistoiese” e la mostra diffusa di Pistoletto

Gioiello del ‘700, la Chiesa di San Leone vede la luce nel XIV secolo, ma il suo splendore, nel XVIII, è dovuto all’architetto Raffaello Ulivi: le pitture di Vincenzo Meucci, Giuseppe Del Moro e Mauro Testi abbelliscono soffitto, pareti e catino absidale. In seguito al restauro, e per la sua rinnovata bellezza, è stata considerata la “Cappella Sistina pistoiese” dove si allestiscono esposizioni temporanee. L’Antico Palazzo dei Vescovi è del 1091, comprende la celebre sacrestia di San Jacopo, costruita fra il 1163 e il 1170, nella quale, in una notte di carnevale del 1293 Vanni Fucci, soprannominato “Bestia” e citato da Dante nei Canti XXIV e XXV dell’Inferno nella bolgia dei ladri, trafugò argenti e arredi. Ora è una delle sedi espositive di Fondazione Pistoia Musei con le sale museali nell’area vescovile. La promenade inizia dal “Museo tattile-La città da toccare”, con modellini in legno smontabili i quali riproducono in scala i principali monumenti architettonici cittadini. Il “Percorso archeologico” testimonia le stratificazioni archeologiche dal periodo romano fino all’età contemporanea, il “Museo della Cattedrale di San Zeno” conserva paramenti liturgici e perle di oreficeria del Tesoro di San Jacopo. Da vedere la scultura in legno dell’Angelo che regge la testa del Battista, degli inizi del’300, attribuita a Pisano. Qui si trovano le tempere murali di Giovanni Boldini, che il pittore ferrarese dipinse nel 1868 nella Villa La Falconiera, sulle colline circostanti. Di recente allestimento è la Collezione Bigongiari: si tratta della più ricca raccolta privata del Seicento fiorentino con circa 45 dipinti. La sala che contiene l’Arazzo Millefiori, ribattezzato dell’Adorazione, è un’istantanea della pregiata arazzeria fiamminga del XVI secolo. La mostra “In Fabula”, visitabile sino al 25 settembre, celebra le tele appena restaurate della Collezione Piero ed Elena Bigongiari, riunite dal poeta in un quarantennio. Acquisita dalla Cassa di Risparmio di Pistoia e Pescia, oggi Intesa Sanpaolo, dal 2019 è affidata in comodato alla Fondazione Caript. Dieci i quadri restaurati visibili che, distribuiti in nove sale, si accostano ad esempi di attività partecipative che hanno coinvolto differenti gruppi di persone nella reinterpretazione delle pitture, conferendo nuovi significati con una chiave di lettura che non si limita a valorizzarne il ripristino estetico, ma punta sulla riattualizzazione. A Pistoia è di casa l’artista Michelangelo Pistoletto che, nel 1994, la scelse per illustrare l’utopico “Progetto Arte”, che sfocerà successivamente in “Cittadellarte” a Biella. Dopo trent’anni, per il suo ottantanovesimo compleanno, il maestro ritorna per l’opening di “Pistoletto Pistoia. Costellazione: 5 passi tra creazione e memoria”. Fino al 25 settembre l’expo diffusa, curata da Monica Preti e realizzata da Pistoia Musei in collaborazione con Fondazione Pistoletto Cittadellarte, si dipana nei luoghi pubblici e nei palazzi. In un’ottica di riflessione sui cambiamenti sociali, in cui l’estro ingloba evoluzioni e mutamenti dell’attualità, il network museale genera singolari liaison con il territorio mediante l’osservazione e la sperimentazione. Dall’Antico Palazzo dei Vescovi, dove ci sono la “Venere degli Stracci” e “Love Difference - Mar Mediterraneo”, si passa a San Leone, con il “Tempo del Giudizio (Islam, Cristianesimo, Buddismo, Ebraismo)”, dalla Biblioteca Fabroniana al Museo del Novecento e del Contemporaneo di Palazzo Fabroni che mostrano “Terzo Paradiso”, “Porta Segno Arte” e la “Sfera di giornali”, che è stata fatta rotolare in una performance per le vie centrali nel corso dell’inaugurazione. Si arriva così all’Osservatorio astronomico in una vera e propria galassia di creatività e ingegno: in Valdinievole, vicino all’oasi naturale del Padule di Fucecchio, è prevista un’opera collettiva pensata secondo la tecnica dell’intreccio. “Intrecciare erbe palustri e raccontare storie, ricucendo memorie” è l’obiettivo di Intrecci Onlus i cui associati saranno coordinati da Alessio Bertini per Pistoia Musei e Saverio Teruzzi per Cittadellarte.

A spasso fra locomotive d’epoca e rari strumenti musicali

I cultori dei treni a vapore non perderanno il “Deposito officina rotabili storici di Pistoia”, a due passi dalla stazione. Da visitare su appuntamento, è una delle infrastrutture ferroviarie di lunga data dello Stivale nonché headquarter della Fondazione FS Italiane per la riparazione delle locomotive. Officina meccanica che ha mantenuto il suo ruolo primario, si è poi aperta al pubblico ed è il punto di partenza delle giornate del “Porrettana Express”, un’esperienza di viaggio immersiva a bordo per ripercorrere la linea ferrata appenninica con un programma di animazione, tour guidati e workshop nelle varie fermate. In esercizio dal 1864, il Deposito ha assistito al passaggio alle vetture elettriche ed è stato restaurato nel pieno rispetto del suo impianto architettonico originario come nel caso della Sala d’aspetto reale, voluta per il Re Vittorio Emanuele II. Impossibile non fotografare la famosa 741.120 degli anni ’20, e modificata nel 1958: è l’unica locomotiva ancora funzionante dotata del sistema brevettato Franco Crosti che, preriscaldando l’acqua prima di farla fluire nella caldaia, permette di sfruttare al meglio i fumi della combustione. Chi adora il “green” potrà pranzare in un vivaio per un light lunch, tra piante curative, fiori di ogni specie e ortaggi variopinti che si intersecano con itinerari studiati ad hoc per chi soffre di Alzheimer e Autismo. Giardineria Italiana è un’interessante cooperativa del Gruppo Mati, nato addirittura nel 1909. Dal 1999, Andrea Mati, oltre ad occuparsi della manutenzione degli spazi verdi, si fa portavoce di progetti relativi al recupero sociale, coinvolgendo chi vive situazioni di marginalità tramite formazione e iniziative didattiche inclusive. Gli appassionati di strumenti musicali si lasceranno stregare dalla Fondazione Luigi Tronci che, istituita nel 2008 dal genio del suo presidente, vuole essere un museo della musica, con un focus sulle percussioni, e un centro di documentazione. Il progetto, rivolto principalmente ai giovani e alle nuove generazioni, è in fase evolutiva, la collezione permanente, composta da oltre 800 pezzi e rarità, si trova nei locali della Fondazione Conservatorio San Giovanni Battista: qui si possono consultare i libri della biblioteca, è consentito ascoltare brani e si ha l’opportunità di partecipare a laboratori, seminari, conferenze e concerti. Fra sculture sonore, macchine rumoristiche da teatro, cimeli e oggetti d’epoca. Tronci, inoltre, presiede la UFIP (Unione Fabbricanti Italiani Piatti) riconosciuta a livello internazionale per l’unicità di lavorazione dei piatti musicali in bronzo apprezzati da pop e rockstar mondiali. Dal 1931, l’originale metodo di fusione denominato “Rotocasting”®, il cui brevetto negli anni ’70 si deve a Mariano Zanchi e ai suoi fratelli, vanta forme rotanti che compiono circa mille giri al minuto, diversamente dal solito procedimento di laminazione e successivo stampaggio.

Prelibatezze gastronomiche e l’iconico “confetto a riccio”

Le specialità della tradizione culinaria sono tantissime, dai prodotti tipici ai frutti di bosco che crescono sull’Appennino toscano. Lamponi, mirtilli, more e fragoline, utilizzati nei piatti locali e nei dolci, oltre che nelle confetture per accompagnare prelibati taglieri di salumi e formaggi, lasciano il passo alla deliziosa “Zuppa del carcerato”, una minestra di brodo di carne e pane raffermo, cucinata in passato per i prigionieri. Il fagiolo di Sorana è una primizia Slow Food, si coltiva a Pescia ed è un legume rinomato per la preparazione dei “fagioli al fiasco”. Poi, l’olio e il vino del Montalbano, la “Farinata con le leghe” che, proveniente dalla cucina povera, prevede striscioline di cavolo nero e farina di mais. Quella di castagne, che pullulano nelle montagne, viene usata per i “necci” somiglianti alle piadine, le frittelle e il castagnaccio con uvetta e pinoli. Gli iconici “confetti a riccio” sono un goloso fine pasto, la loro forma bitorzoluta si ottiene con antichi sistemi. Nella medievale Piazza al Prato, divenuta Piazza San Francesco, dal 1918 l’eccellenza artigiana della famiglia Corsini tramanda la ricetta tradizionale a base di uno sciroppo fatto di acqua e zucchero che riveste varie anime, dalle mandorle alla nocciola, dall’arancia all’anice sino al cacao. Non solo confetti: ecco la torta Panforte glacé al cioccolato, inventata da Bruno Corsini negli anni ’30, bonbon al caffè, liquori, tartufi, praline speziate o all’Aceto Balsamico di Modena e “Rose del Deserto” abbinate ai cereali. Fino alle creazioni innovative che sposano cannella e peperoncino, deliziando i palati più raffinati ed evocando sapori d’antan rivisitati in chiave moderna per una magica e gustosa alchimia. Il mitico “confetto avvelenato”, che oggi ha un innocuo cuore alcolico, si deve al signorotto Filippo Tedici che nel ‘300 vendette Pistoia ai lucchesi per 10mila fiorini d’oro, accaparrandosi il vicariato e la mano della figlia di Castruccio Castracani. Si macchiò, dunque, dell’omicidio della prima moglie Dialta, alla quale venne offerta la delizia al veleno. La sorte di Tedici non fu delle migliori: esiliato, congiurò contro i Guelfi ma fu sconfitto e decapitato. Una copia della sua testa, in segno di vittoria, sarebbe stata scolpita e posta sulla facciata di Sant’Andrea come avvertimento per i traditori. Si dice sia annerita poiché, prima di entrare in chiesa, vi si spegnevano le torce quasi a sottolineare un sentimento di disprezzo nei suoi confronti.


Ultimo aggiornamento: Lunedì 4 Luglio 2022, 12:23
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