Doccia fredda per il Papa, Lavrov ha messo fine ai tentativi di offrire mediazioni (e il Natale si avvicina)

Sergey Lavrov hanno messo il coperchio a questi tentativi di buona volontà

Doccia fredda per il Papa, Lavrov ha messo fine ai tentativi di offrire mediazioni (e il Natale si avvicina)

di Franca Giansoldati

Città del Vaticano – E' stata peggio una doccia fredda per Papa Francesco. Tutti i suoi sforzi per tenere aperti timidi spiragli con Mosca per possibili negoziati tra russi e ucraini, proponendo continuamente alle parti la sua mediazione, offrendo loro una zona neutrale per parlarsi, come il Vaticano, sono finiti in un angolo. Le parole del ministro degli esteri russo, Sergey Lavrov hanno messo il coperchio a questi tentativi di buona volontà. Lavrov non solo ha definito «non cristiane» le dichiarazioni di Francesco sulle «crudeli» minoranze etniche russe che partecipano all'intervento militare in Ucraina, ma ha aggiunto successivamente: «egli fa appelli ma le sue dichiarazioni incomprensibili, per nulla cristiane, designano due nazionalità in Russia: come dire che ci si può aspettare atrocità da parte loro nei combattimenti militari. Ecco questo non aiuta l'autorità della Santa Sede». Negli ultimi tre giorni, diversi funzionari russi, avevano già espresso il loro sdegno per l'intervista di Bergoglio rilasciata a un giornale cattolico americano di proprietà dei gesuiti, in cui ha criticato il comportamento di ceceni e buriati che combattono nell'esercito.

A rincarare la dose è arrivata anche un commento al vetriolo di Ramzan Kadyrov, il comandante ceceno che su Telegram ha usato le munizioni pesanti: «Il Papa, guida spirituale di milioni di cattolici, avrebbe dovuto usare una retorica più pacifica invece che seminare odio e discordia interetnica tra i popoli. Prima dell'intervento della Nato negli affari interni dell'Ucraina  non avevamo problemi con il popolo ucraino. Ciò non si può dire delle azioni pastorali del Papa e degli istruttori della NATO, che cercano di trasformare il maggior numero possibile di militari ucraini in carne da cannone».

Con il Natale che si avvicina in Vaticano il timore è di assistere ai bombardamenti tra due paesi profondamente cristiani, mettendo ancora più a dura prova gli ucraini. Gli ortodossi per tradizione festeggiano la nascita di Cristo il 7 gennaio, in osservanza al calendario Giuliano, mentre i cattolici il 25 dicembre. Quest'anno in Ucraina, in via eccezionale, la festa più importante per la cristianità, verrà celebrata in tutte le chiese - ortodosse e cristiane - quel giorno per facilitare la popolazione e limitarne i disagi causati dalla guerra.

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A complicare però il quadro inter-religioso c'è  la decisione del presidente ucraino Volodymyr Zelensky che ieri ha firmato un decreto che pone restrizioni all'attività della Chiesa ortodossa legata al Patriarcato di Mosca.

Una misura che arriva a ridosso dell'arresto e delle probabili torture di due sacerdoti greco cattolici avvenuta nel Donbass da parte dell'esercito russo. Il decreto di Kiev servirebbe a «impedire alle organizzazioni religiose affiliate ai centri di influenza della Federazione Russa di operare in Ucraina». Nel frattempo proseguono a tappeto le perquisizioni dei servizi di sicurezza interni, Sbu, nelle chiese ortodosse fedeli a Mosca. 

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Papa Francesco anche stamattina è tornato di nuovo sull'argomento 'guerra' elencando gli effetti negativi che ha portato: «oltre ai danni incalcolabili di ogni guerra in termini di vittime, civili e militari, conseguono la crisi energetica, la crisi finanziaria, la crisi umanitaria per tanta gente innocente costretta a lasciare la propria casa e a perdere i beni più cari e, infine, la crisi alimentare, che colpisce un numero crescente di persone in tutto il mondo, soprattutto nei Paesi più poveri». In un messaggio alla settima conferenza Rome MED Dialogues il Papa ha rammentato che non è possibile pensare di affrontare «la crisi energetica a prescindere da quella politica, non si può al tempo stesso risolvere la crisi alimentare a prescindere dalla persistenza dei conflitti, o la crisi climatica senza prendere in considerazione il problema migratorio, o il soccorso alle economie più fragili o ancora la tutela delle libertà fondamentali». 

Il Patriarca Kirill è tornato a farsi sentire per difendere e benedire l'invasione russa in Ucraina. Ai suoi occhi è una sorta di linea Maginot per arginare il corrotto Occidente. «Oggi il Donbas è la prima linea di difesa del mondo russo. E il mondo russo non è solo la Russia: è ovunque vivano persone cresciute nelle tradizioni dell'Ortodossia e della morale russa. Naturalmente, morale e moralità sono concetti completi, ma ogni nazione ha probabilmente alcuni punti di appoggio speciali nella formazione del senso morale. E per noi, persone che vivono nel mondo russo, le fonti di sostegno sono la fede e l'amore per la Patria».


Ultimo aggiornamento: Venerdì 2 Dicembre 2022, 18:37
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