Il cardinale Bassetti al premier Draghi: «Estrema preoccupazione per la didattica a distanza»

Il cardinale Bassetti al premier Draghi: «Estrema preoccupazione per la didattica a distanza»

di Franca Giansoldati

Città del Vaticano - Stiamo vivendo una emergenza nazionale mai vista prima, dalla Seconda Guerra Mondiale in poi. Cardinale Gualtiero Bassetti secondo lei come può la Chiesa italiana aiutare il governo Draghi in questa fase in cui siamo tutti sulla stessa barca?
«La Chiesa sarà, senza alcun dubbio, un interlocutore attento e collaborativo con il Governo, come è avvenuto anche in passato. Ci auguriamo che venga dato spazio a tutte le realtà sociali del Paese valorizzando il principio di sussidiarietà e salvaguardando i bisogni della povera gente come diceva La Pira. Le grandi priorità dell'Italia sono la pandemia, le famiglie, la denatalità, il lavoro, la scuola e i giovani. Ma sono sicuro che il Presidente del Consiglio Mario Draghi, che è membro della Pontificia accademia delle scienze sociali, conosca a fondo la realtà in cui si trova ad operare e saprà fare bene. Da parte nostra, in ogni momento di crisi, la Chiesa è sempre stata presente e anche oggi non si tira indietro. Due sono le bussole che animano il nostro operato: la carità e la responsabilità. Chiunque è nella sofferenza e nell'indigenza può trovare nella Chiesa un porto sicuro; allo stesso tempo, però, bisogna assumersi la responsabilità delle proprie azioni guardando soprattutto al futuro. Salviamo il futuro dei nostri giovani!».
A proposito di ragazzi: la Chiesa è preoccupata per la didattica a distanza?
«Io sono estremamente preoccupato: dai bambini della scuola primaria agli adolescenti delle scuole superiori. Stanno sopportando sulle loro spalle il prezzo più grande di questa pandemia. Perché gli è stato tolto un pezzo della loro giovinezza, della loro vita, della loro crescita. Non c'è sviluppo umano completo, infatti, senza relazioni interpersonali. Penso soprattutto agli adolescenti che vivono nelle grandi città, magari in piccoli appartamenti. È oggettivamente una condizione durissima di sradicamento e di chiusura. Occorre ripensare il loro rientro nella vita quotidiana, farli sentire di nuovo protagonisti e non solo spettatori passivi di una crisi sanitaria così grave. Servirebbe una proposta innovativa per il prossimo anno scolastico».
Sono in sofferenza anche le scuole cattoliche...
«Voglio innanzitutto premettere che le scuole di ispirazione cattolica non sono istituti privati ma sono scuole paritarie e pubbliche a tutti gli effetti. Negli ultimi anni, effettivamente, sono state chiuse molte scuole cattoliche. Nello stesso tempo, però, ce ne sono altre che rinascono in forma nuova, quasi di autogestione. Questo dato è interessante e ha molti significati. Vuol dire che non è cessata la domanda di educazione cristiana che le famiglie desiderano dare ai propri figli. La vita delle scuole cattoliche non è però facile visto che manca in Italia quella vera parità che altri Paesi riescono a garantire tra scuole statali e non statali. Senza dubbio, però, tutta questa situazione deve essere un monito all'educazione cattolica: forse è venuto il momento di ripensare un po' l'essenza e l'identità di queste scuole».
La gente in Italia non va più a messa ma poi quando perde il lavoro e non riesce a pagare la bolletta del gas per prima cosa bussa alla porta della parrocchia. Secondo lei cosa indica questo?
«Che nonostante ogni discorso sulla secolarizzazione la Chiesa è ancora presente nella società e, soprattutto, è ben visibile. È presente nei borghi e nelle città, nelle periferie e nei centri storici, nella scuola e nel mondo del lavoro. Ma più di tutto la Chiesa è presente nell'anima di molte donne e uomini di questo splendido Paese. E questa presenza, soprattutto nei momenti di crisi, è sentita. Penso che nel profondo di molti italiani questa percezione, anche se non diventa una testimonianza di fede ma solo un sentimento del cuore, sia ben presente. Ciò non toglie la nostra preoccupazione pastorale per troppi che non partecipano più all'eucarestia domenicale».
Cosa si sente di chiedere a chi ci governa a proposito della campagna di vaccinazione?
«Tutto il Paese guarda con speranza e attende un lavoro serio, meticoloso e giusto. Non servono grandi slogan, occorre concretezza e autorevolezza. Nelle loro mani c'è il più grande piano di sanità pubblica dalla Seconda Guerra Mondiale ad oggi. Un'opera imponente, estremamente onerosa ma a cui tutta la popolazione italiana guarda con tantissima aspettativa. Per questo ho detto che serve una campagna di vaccinazione non soltanto fatta bene ma anche giusta: per prima vengano i più deboli, i più fragili, i più bisognosi, senza scorciatoie o corsie preferenziali per qualcuno».
Pasqua è alle porte. Che orientamento c'è?
«Lo Stato italiano nel precedente governo Conte ha firmato un'intesa in base alla quale vengono stabilite le norme per il culto.

Nell'osservanza delle regole stabilite sarà possibile dare vita a celebrazioni partecipate e non online come lo scorso anno».


Ultimo aggiornamento: Mercoledì 3 Marzo 2021, 12:20
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