Perugia, affari con la 'Ndrangheta: confiscata casa a imprenditore

Perugia, affari con la 'Ndrangheta: confiscata casa a imprenditore

di Luca Benedetti

PERUGIA Gli affari in Umbria di un imprenditore accusato di essere vicino alla ‘Ndrangheta, si fermano a un appartamento e garage confiscati ieri a Villa Pitignano. Centomila euro di valore di 140 metri quadrati, un parte del bottino da un milione e mezzo che la Dia ha bloccato a Pasquale Mucerino, una condanna alle spalle nell’abito dell’operazione Black Eagles.
Così la Direzione Investigativa Antimafia, su disposizione del Tribunale di Bologna e a seguito di proposta avanzata dal direttore della Dia, ha eseguito un provvedimento di confisca nei confronti di un imprenditore edile, Pasquale Mucerino, coinvolto in procedimenti penali per reati contro il patrimonio, la persona, l’amministrazione della giustizia e fiscali e già arrestato nell’ambito dell’operazione Black Eagles con l’accusa di aver riciclato i proventi del traffico di stupefacenti per conto di una famiglia ‘ndranghetista. Nei confronti di due aziende ritenute a lui riconducibili il prefetto di Parma, nel 2017, ha emesso interdittive antimafia.
Il Tribunale di Bologna, ritenendolo tra «i soggetti che vivono abitualmente con i proventi di attività delittuose», ha disposto la confisca di 12 immobili (tra fabbricati e terreni) in Emilia-Romagna, Umbria e Campania), sei società di capitali del settore edilizio con un volume d’affari complessivo di circa un milione di euro, 15 autoveicoli oltre a diversi rapporti bancari per un valore complessivo di un milione e mezzo.
OPERAZIONE BLACK EAGLES
Il sequestro avvenuto a Villa Pitignano riporta indietro di quasi vent’anni all’operazione Black Eagles del Ros dei carabinieri. Black Eagles permise di sgominare un traffico internazionale di stupefacenti gestito da esponenti di primo piano della famiglia Facchineri, il cui capofamiglia, Luigi, fu assolto.
Era il 30 maggio 2002, quando dopo due anni di indagini dei carabinieri del Ros, con un’inchiesta coordinata dalla direzione distrettuale antimafia e dai magistrati Dario Razzi e Manuela Comodi partirono 16 ordinanze di custodia cautelare in carcere, 14 subito eseguite in mezza Italia. All’arresto sfuggirono Luigi Facchineri e il turco Adnan Gueresci.
Le accuse erano quelle di associazione per delinquere di stampo mafioso e traffico internazionale di droga, con Colombia e Bolivia come sorgenti di approvvigionamento. Secondo gli investigatori per i Facchineri l’Umbria era la patria d’elezione: partite di droga milionarie, affari immobiliari, riciclaggio e attività imprenditoriali.
L’ANALISI
Nei giorni scorsi dalla Relazione della Direzione investigativa antimafia, relativa al secondo semestre del 2020, consegnata al Parlamento è emerso come l’Umbria si conferma non interessata da forme di «stabile radicamento» delle «mafie tradizionali» ma comunque regione dove vengono riciclati e reinvestiti i capitali illeciti. Dalla Relazione emerge che «sarebbe stato registrato, in alcuni casi, anche il ricorso a pratiche usurarie ed estorsive finalizzate ad assumere il controllo di attività economiche».
Un «ulteriore elemento di possibile attrazione per gli affari delle mafie» sono considerati gli «ingenti finanziamenti pubblici per la ricostruzione post sisma». «Altro elemento di agevolazione per una ‘colonizzazione’ del territorio - si legge ancora nella Relazione - è la presenza nelle case di reclusione di Spoleto e Terni di detenuti sottoposti ai regimi speciali che nel tempo hanno determinato il trasferimento e lo stanziamento di parenti dei reclusi».


Ultimo aggiornamento: Sabato 25 Settembre 2021, 11:00
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