Lucarelli, il mister con la valigia: «Ma a Terni sto bene, ha l'anima operaia come Livorno»

Lucarelli, il mister con la valigia: «Ma a Terni sto bene, ha l'anima operaia come Livorno»

di Giuliana Scorsoni e Vanna Ugolini

In attesa della partita del 3 aprile 2021 che potrebbe decretare la promozione matematica della Ternana in serie B proponiamo le interviste più belle fatte durante l'anno. 

Il bomber con la valigia, metterà le radici come allenatore? Ride Cristiano Lucarelli e rammenta la regola delle “tre partite”... scongiuri a parte, lei che ha visto molte piazze, una trottola su e giù per l’Italia, Terni potrebbe essere un porto dove fermarsi più di una stagione? «Lo dovete chiedere a Bandecchi – esclama con una leggera inflessione livorenese, in cui manca però il “de” come intercalare - Il calcio è un mondo precario e non dipende solo dalla mia volontà, ma oggi sono molto meno irrequieto di quando ero giocatore e la piazza e la serietà della società rossoverde mi fanno venire voglia di programmare più a lungo».

Livornese di nascita, di crescita, di passione. Nessuno se ne abbia a male, ma i quattro anni in maglia amaranto, con la promozione in serie A, dopo cinquantacinque anni, dei labronici e la conquista nella massima serie del trofeo come capocannoniere non ha paragoni. Anche lui, come tutti i livornesi che si rispettino (anche quelli che con il calcio non hanno niente ha che fare) si è “massacrato” le ginocchia, i piedi e le caviglie nei “gabbioni” sulle spiagge livornesi.

 Userebbe la gabbia negli allenamenti, come fece Orrico nella Carrarese? «Si, ma è impossibile da realizzare. Innanzitutto, i costi di costruzione e poi i giocatori di oggi non li vedo compatibili caratterialmente». E’ arrivato in alto, in un mondo dove circolano, soldi, macchine e belle donne, ma Cristiano Lucarelli non dimentica da dove viene e quali siano i veri valori della vita: «Sono nato povero e ne vado fiero. Mio padre era un camionista, quanti sacrifici, ma un piatto caldo a tavola non è mancato mai. Non si aveva abiti firmati, una bella bicicletta e di vacanze non se ne parlava mai. La mia, però, è stata una giovinezza felice. Rimpiango le amicizie che non ci sono più. La droga me ne ha portate via alcune, altri amici sono in carcere, ma io non rinnego nessuno. Le persone che frequentavo da adolescente sono quelle di adesso».

Con il denaro c’ha fatto sempre “a cazzotti”. Ha rinunciato a somme importanti, come Riva e Totti, poeti di un calcio che fu: «Ma non me ne sono mai pentito. Ho sempre seguito altri valori e poi, per una volta che ho fatto una vacanza alle Maldive ho beccato lo tsunami, quello del Natale 2004. Una esperienza che ho ancora negli occhi. I bambini piccoli, quell‘onda gigantesca, il villaggio completamente sommerso. Per due notti abbiamo tutti dormito per terra nella reception.

Solo quando siamo arrivati a Malè abbiamo capito cosa fosse successo. Ho ancora in testa il rumore del generatore di corrente che ci permetteva di avere la luce».

Uomo passionale non solo in un rettangolo verde, ma anche nella vita. Conosce sua moglie Susanna nel 1998, in una agenzia assicurativa (ovviamente a Livorno) e nel 1999 nasce Mattia. Colpo di fulmine? «Si». Due anni dopo arriva Alisia e nel 2003 il matrimonio.

Probabilmente, avrà baciato la sua sposa al tramonto sulla Terrazza Mascagni, se no che livornesi sarebbero? E quel 99 sulla maglia amaranto lo vogliamo svelare una volta per tutte? Anno di nascita del primogenito, o anno di fondazione delle Brigate autonome livornesi, gruppo ultras a cui è fortemente legato, davanti ai quali ha esultato alzando il pugno chiuso tante volte? «Tutti e due». Diplomatico il mister.

Ma la sua apparente moderazione crolla dinanzi ad un caciucco. Suo fratello l’ha sempre presa in giro per la sua pancia, come la mettiano? «Ha ragione lui! Sono perennemente a dieta. Mangiano gli altri e ingrasso io. E’ un mio debole, mi trattengo con fatica». I due fratelli Lucarelli. L’attaccante e il difensore. Legati da un legame inattaccabile. Una prima punta e un libero, quando si sono trovati da avversari sui campi hanno cercato di guardarsi da lontano. Ma di Lucarelli calciatore ce ne è un altro. Il piccolo Mattia: «L’anno scorso ha giocato nella Lucchese, quest’anno nella Pro Livorno. E’ un terzino, ha delle potenzialità, deve però ancora esprimerle. Deve crescere». Non è di quei padri che elogiano i figli a prescindere.
Vola basso, ha un buon feeling con il suo presidente, altro livornese conosciuto personalmente, però, solo a Terni: «Mi trovo in sintonia con lui e con la città. La piazza è nota per il suo attaccamento alla squadra, in questo assomiglia a Livorno, sono due città dall’anima operaia. Esco poco, ma percepisco l’affetto dei tifosi e la loro grande passione. Sono dei lavoratori, gente perbene. E’ un vero peccato che quest’anno non possano gioire con noi sugli spalti». E il “cerchio magico” a fine partita? Scaramanzia? «Ma per carità! Serve a svuota “la vena”». Prego? «A fine partita, gli animi sono sempre caldi e, spesso, si prendono cartellini ed ammonizioni sotto il tunnel...allora ci si stringe a centrocampo e anche la testa più calda si raffredda». Chissà che la testa più calda non sia propria la sua? D’altronde la canzone a lui dedicata dai Los Fastidios è “Calciatore guerrigliero”. Hasta la victoria mister. Siempre!
 


Ultimo aggiornamento: Domenica 11 Aprile 2021, 23:08
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