FOLIGNO - Dopo l’incendio di una importante porzione di cannucciole della palude di Colfiorito registrato, e domato, a fine aprile sullo stato dell’arte, sui rischia e su cosa si può fare interviene il professor Ettore Orsomando, una autorità della materia e uno dei massimi, se non addirittura il massimo esperto di Colfiorito e delle sue tante emergenze. “Allo scopo di verificare l’entità dei danni biologici e – spiega il professor Orsomando - paesaggistici subiti e sofferti dalla palude, ho effettuato un sopralluogo. L’incendio ha interessato un ambito superiore a un ettaro sito nel settore sud-ovest dell’area paludosa poco distante dalla Stazione di Avifauna dominata dalla cannuccia di palude e dallo scirpo o giunco. Fortunatamente il fuoco, come riportato dai giornali, non si è esteso grazie al tempestivo intervento dei vigili del fuoco. L’area incendiata – prosegue - riguarda un ambito ricoperto da un canneto diradato, con il suolo erboso per lo più sommerso da un sottile strato d’acqua che, sicuramente, in estate per la siccità, resta completamente asciutto. Il danno sotto l’aspetto floristico-vegetazionale-paesaggistico non è da valutarsi eccessivamente grave in quanto il fuoco non ha inciso sui grossi rizomi della cannuccia essendo fusti metamorfosati sotterranei abbastanza resistenti al calore, ricchi di nodi pronti a ricacciare nuove piante e protetti dal velo d’acqua”
IL DANNO
“Gravissimo invece è il danno – sottolinea il professor Orsomando - arrecato dalle fiamme alle parti aeree della cannuccia (fusto, foglie e infruttescenze), all’avifauna stanziale e in particolar modo al tarabuso, airone che in tale zona da sempre ha trovato uno spazio ideale di vita, di nidificazione e di caccia mentre in numerosissime zone umide d’Europa riesce a sopravvivere con molte difficoltà, spesso senza nidificare.
Ultimo aggiornamento: Mercoledì 18 Maggio 2022, 16:57
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