Corruzione, processo per l'ex procuratore Duchini. A giudizio anche tre carabinieri. «Prove contraddittorie»

Corruzione, processo per l'ex procuratore Duchini. A giudizio anche tre carabinieri. «Prove contraddittorie»

di Egle Priolo

PERUGIA - Antonella Duchini, ex procuratore aggiunto di Perugia ora in pensione, è stata rinviata a giudizio a Firenze nell'ambito dell'inchiesta in cui sono ipotizzati reati di corruzione, rivelazione di segreto d'ufficio, abuso d'ufficio e peculato. Insieme a lei, il gup Angela Fantechi ha aperto le porte del processo anche per gli ex carabinieri del Ros Orazio Gisabella e Costanzo Leone, per il carabiniere Fabio Sinato, il dottor Ignazio Pusateri, il patron del cemento Carlo Colaiacovo, l’imprenditore Valentino Rizzuto e l’avvocato Pietro Gigliotti, come richiesto dal procuratore aggiunto di Firenze Luca Turco e dal sostituto procuratore Leopoldo De Gregorio.

Prosciolto invece «perché il fatto nono sussiste» il commercialista Francesco Patumi, assistito dall'avvocato Vincenzo Maccarone e che era accusato di falso. «Con questa decisione, il giudice ha dimostrato come si trattasse di un'accusa totalmente infondata. Certo, questo non toglie tre anni di indagini e di un procedimento pesanti. Non riacquisteremo la serenità, nessuno restituirà questi 3 anni, ma adesso che è stata ribadita la piena innocenza del mio assistito è stato dimostrato come la sua sia stata solo un'attività imparziale e cristallina», ha commentato all'uscita del tribunale Maccarone.
Per gli altri, invece, l'appuntamento in aula – sempre a Firenze, con la procura competente per il coinvolgimento di un magistrato nell'inchiesta – è a strettissimo giro: il prossimo 4 maggio.
«Siamo fiduciosi che all'esito del pieno contraddittorio dibattimentale emergerà la radicale infondatezza di ognuna delle accuse formulate a carico di Antonella Duchini e Orazio Gisabella». Così hanno invece sottolineato i loro avvocati Nicola Di Mario e Michele Nannarone, pronti ad affilare le armi. Per i legali, infatti, «il decreto contiene due affermazioni di elevata importanza per la posizione degli imputati». «L'organo giurisdizionale di controllo infatti - hanno sostenuto - da un lato, in accoglimento delle eccezioni sollevate dalla difesa, ha dichiarato utilizzabili solo cinque delle numerosissime conversazioni telefoniche acquisite dall'Ag di Palermo e, dall'altro, pur nella limitata estensione dei poteri di accertamento riservati al gup dalla legge processuale, ha evidenziato che le fonti di prova disponibili presentano già in questa fase profili di contraddittorietà».
Una tesi portata avanti con determinazione durante tutta l'udienza preliminare, in cui ci sono stati passaggi molto duri con i pm, che invece hanno ribadito le accuse, partite dall'archiviazione chiesta da Duchini di un procedimento a carico dell'imprenditore, dopo il pagamento da parte di quest'ultimo di somme di denaro per un totale di 108mila euro, che sarebbero stati consegnati a Gisabella. L'inchiesta fiorentina parla anche dell'impegno dell'ex magistrato per favorire la richiesta di archiviazione di un'inchiesta della procura di Roma per bancarotta fraudolenta a carico dello stesso imprenditore. L'accusa di peculato si riferisce invece a somme di denaro che sarebbero state liquidate dal magistrato a quattro consulenti della procura di Perugia, per oltre 400mila euro, che sarebbero stati almeno in parte successivamente consegnati da questi ultimi all'ex carabiniere. L'accusa di rivelazione di segreto d'ufficio per Duchini invece fa riferimento a presunte fughe di notizie relative a un fascicolo che la procura perugina aveva aperto su un'azienda del gruppo industriale Colaiacovo.
Tutte accuse che anche gli altri imputati si dicono pronti a smontare durante il dibattimento, mentre gli avvocati di parte civile, a partire da Alfredo Brizioli, sono chiaramente soddisfatti per la decisione del gup «che finalmente darà la possibilità di far luce sulle operazioni svolte ai danni della famiglia Colaiacovo». Chiaro come l'inchiesta faccia emergere anche interessi economici elevatissimi, nell'ambito di una faida familiare mai sopita. «Dopo tanti mesi di sforzi questa decisione – ha commentato l'avvocato Manlio Morcella che assiste Giuseppe Colaiacovo - ha coinciso perfettamente con le nostre aspettative, è un punto fermo che portare trasparenza su una situazione per anni rimasta opaca. E se anche in dibattimento resisteranno le accuse, si consentirà l'avvio di un procedimento risarcitorio anche per Giuseppe, la parte certamente più danneggiata».
«La decisione del gup di Firenze è molto importante perché il processo consentirà di fare piena luce su accadimenti inquietanti che potrebbero aver condizionato pesantemente la vita della società FC Gold e frustrato i molti tentativi dei suoi amministratori di tamponare la crisi finanziaria che dal 2015 la tormenta»: lo sostiene l'avvocato David Brunelli che rappresenta la società. «Stabilirà il Tribunale fiorentino - afferma Brunelli - se su quella crisi si sono davvero avventati speculatori senza scrupoli, agevolati da funzionari infedeli, aggravandola fino a renderla difficilmente reversibile».
Si dicono invece certi che «il vaglio dibattimentale» porterà «a un pieno proscioglimento» del loro assistito gli avvocati Franco Coppi e Ubaldo Minelli, difensori di Carlo Colaiacovo. «Lo stesso decreto di rinvio a giudizio parla di fonti di prova e di elementi contraddittori», spiegano convinti di poter dimostrare «l'insussistenza dei fatti e l'assenza di qualsivoglia profilo di illiceità penale».


Ultimo aggiornamento: Mercoledì 3 Marzo 2021, 08:02
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