Concorsopoli, la verità di Catiuscia Marini e le ingerenze della politica nell'inchiesta

Concorsopoli, la verità di Catiuscia Marini e le ingerenze della politica nell'inchiesta

di Egle Priolo

PERUGIA - Concorsopoli? Sul banco degli imputati arriva la politica. La politica e le sue ingerenze sui concorsi, certo. Ma anche la politica come corrente che avrebbe armato la lingua dei rivali. Un imputato latente, che passa come un soffio, anzi proprio come un venticello. Che però promette di gonfiare nuvoloni sul maxi processo per i presunti concorsi truccati in sanità.

E ieri, a raccontare gli sviluppi dell'inchiesta della guardia di finanza che decapitò la Regione firmata Pd, è stato uno dei suoi protagonisti: quel colonnello Selvaggio Sarri che ha ascoltato e visto imputati e beneficiari prendere quelli che per la procura erano gli accordi di una «rete di sistema» per i concorsi con l'aiutino. Sarri, in una lunga testimonianza, ha ricordato gli interessamenti e le pressioni per le procedure concorsuali finite nel mirino dei sostituti procuratori Mario Formisano e Paolo Abbritti. Ricordando la frase dell'ex dg dell'Azienda ospedaliera di Perugia, Emilio Duca, che si lamentava delle ingerenze «a tutti i livelli. Ecclesiastici, politici e medici. La curia e la giunta non me danno tregua». Ma l'alto finanziere, all'epoca al comando del Nucleo di polizia economico finanziaria, ha ricordato anche i colori e le priorità assegnate ai candidati nelle liste che – secondo quanto emerse dalle indagini – giravano tra i piani alti dell'ospedale, come dei «bonus» assegnati per aiutare chi, senza, non avrebbe ottenuto i posti. «Nella maggior parte dei casi non sarebbero rientrati – ha spiegato -, gli altri sarebbero scesi sotto la soglia. Aiutati con almeno quattro punti per superare la soglia: 39 su 40 hanno ottenuto un bonus. Senza bonus solo 5 su 40 sarebbero rientrati nella soglia». Accordi confermati anche da alcune conversazioni intercettate in cui si invitava a ragionare così: «Devi accorciare le distanze... Se si presenta fallo arrivare secondo o terzo». Con le graduatorie, quindi, sempre secondo le accuse, decise praticamente a tavolino.
Ma non solo. Perché Sarri ha riportato anche una telefonata dell'allora presidente della Regione Catiuscia Marini al dg Duca sul futuro di Umbria salute. Una conversazione che per l'accusa dimostra le ingerenze della politica e per l'ex governatrice invece va contestualizzata. E ci ha pensato direttamente lei, l'ex governatrice, a prendere in mano il microfono e a spiegare la sua verità. Lo ha fatto chiedendo di poter rilasciare dichiarazioni spontanee dopo un processo vissuto, fin adesso, nel silenzio.
Marini ha preso la parola e in meno di 15 minuti ha spiegato. Ha spiegato l'importanza della società, cuore pulsante della sanità, ma anche il suo ruolo di presidente in questo ambito. «Non si possono prendere due minuti di una telefonata – ha spiegato alla Corte presieduta da Marco Verola -, estrapolandola anche dal contesto di lavoro del presidente della Regione, dei direttori generali e degli amministratori di una delle società che rappresenta lo snodo di funzionamento del sistema sanitario regionale».

Ha parlato di «rispetto amplissimo delle prerogative di buon senso» che coglie chi «conosce, chi pensa di dover governare con attenzione il servizio sanitario pubblico». Soprattutto in un momento di «governance instabile» che attraversava la scarl dopo la morte del suo amministratore. Insomma, una richiesta – magari «aspra» – di «velocizzazione e anche di responsabilità», ha insistito Marini. «Lo ribadisco qui – ha chiuso - io la rifarei quella telefonata nel mio ruolo di presidente della Regione, perché stavo sollecitando il funzionamento della principale società che faceva funzionare il servizio sanitario».

Ma i sassolini di Marini non finiscono qui. Il finale delle sue dichiarazioni sono in risposta a Valentino Valentini, l'ex consigliere politico che il giorno prima in aula aveva confermato i passaggi delle buste che – secondo «le sue sensazioni» e la procura – contenevano gli argomenti di esame da far arrivare ai candidati, su indicazione di Marini. E l'ex presidente spiega e racconta. Racconta delle frizioni con quello che era stato a lungo il suo braccio destro e quelle «ingerenze nel funzionamento del mio gabinetto» che «io non volevo». «Perché Valentini – spiega - decide autonomamente, senza informare il presidente della Regione, senza informare nessuno al gabinetto, che parallelamente all’attività conferitagli dalla presidente lui avrebbe svolto anche una funzione di primissimo piano, intanto per me anomala, perché quel candidato (il riferimento è a Nicola Zingaretti, ndr), che era un collega, era il presidente di un’altra Regione. E già questo, insomma, non è che era bellissimo…». Insomma, ingerenze ancora politiche, un fosso che si allarga per diversità di vedute, fino a uno «scontro» con Valentini e alle sue dimissioni. Con «ingerenze che poi si sono sviluppate, guarda caso, proprio nel momento in cui emerge l’indagine». Un passaggio, è la promessa, per cui «ci saranno altri momenti nei quali lo potremo chiarire con la mia difesa e insieme anche ai miei testimoni».


Ultimo aggiornamento: Mercoledì 28 Settembre 2022, 06:30
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