Gel, divisori, mascherine, termoscanner
La risposta delle aziende al coronavirus

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di Vanna Ugolini
Gel, divisori, mascherine, orari d'ingresso diversificati. Anche le aziende dovranno ripensare a una nuova organizzazione del lavoro per permettere ai propri dipendenti di lavorare in sicurezza. E se lo smart working potrebbe continuare a essere una soluzione adeguata per tutta una serie di lavori, è nelle aziende manifatturiere in primo luogo che la riorganizzazione deve essere fatta in maniera più rigorosa e incisiva.
Chi prima parte ha più probabilità di vincere in questo mondo globalizzato, ma se si sbaglia qualcosa, allora, si rischia un nuovo stop e una dolorosa e rallentata ripartenza. Dalle acciaierie Ast di Terni, ad ArcelorMittal a Genova, allo stabilimento Michelin di Cuneo: sono state queste le prime aziende che hanno fatto ripartire la produzione, tra la preoccupazione dei sindacati. 
Le acciaierie ternane hanno messo in campo una serie di accorgimenti che hanno perfezionato quelli presi nella prima fase della pandemia. Ingressi a orari differenziati, via i tornelli e al loro posto un doppio percorso all'ingresso con il termoscanner che misura la temperatura.
Chiusa la mensa e le docce, i pasti vengono consegnati al sacco, in un'area all'aperto per evitare gli assembramenti. Ovunque sono stati posizionati dei dispenser di gel igienizzante con una leva, per far funzionare il dispenser con il gomito. Nei pulpiti, che sono le cabine di controllo dei macchinari, dove tenere le distanze è più difficile, sono stati messi dei divisori in materiale trasparente che permette di vedere ma di non entrare in contatto con gli altri. Così è stato fatto negli uffici. E' migliorata anche la procedura che riguarda la consegna dei dispositivi di protezione (mascherine, guanti, occhiali e quello che serve per le varie funzioni) che l'altro ieri, secondo i sindacati, erano stati portati con due ore di ritardo: «Ad inizio turno viene data al caposquadra una scatola con i dispositivi per tutti i lavoratori».
Ripulita anche la cabina del carroponte: chi entra in turno ha a disposizione fazzoletti e disinfettante per igienizzare i comandi in modo da essere sicuro di averlo fatto al meglio. Percorsi diversificati per chi entra e per esce.
«Le mascherine - spiega l'azienda - ci sono per tutti, hanno il filtro e sono quindi adatte per la protezione». La distribuzione delle mascherine solo ad una parte dei dipendenti era stata accolta molto male dai lavoratori e così, alla ripartenza, tutti i lavoratori ora hanno questo tipo di protezioni.
Tra le altre disposizioni di sicurezza anche divisori nei tavoli dove si consuma il pranzo e, anche lì, dispenser per l'igienizzazione delle mani un po' ovunque. Non esiste il rischio zero, e, sicuramente, lavorare con le mascherine e comunque con la necessità di tenere sempre alta l'attenzione sui comportamenti da avere per restare in sicurezza è sicuramente un carico di concentrazione e di attenzione necessaria in più. Il lavoro è cominciato in maniera graduale, con il 50 per cento della forza lavoro, divisa su tre turni. Gli impiegati lavorano da casa, in smart working e anche parte dei dirigenti. «Il rischio degli assembramenti si può formare all'entrata o all'uscita, ma abbiamo fornito a tutti i dipendenti un manuale di comportamento da tenere nelle varie situazioni». In ogni luogo comune c'è una cartellonistica che indica i corretti comportamenti da tenere per evitare la diffusione del contagio. 
«Se l'azienda fosse ripartita quindici giorni fa non sarebbe stato pronto nulla - ribattono i sindacati - la chiusura prima e la ripartenza graduale è stata necessaria perchè non è facile lavorare dovendo fare attenzione anche a tutte le precauzioni da tenere. E, comunque, l'obiettivo è quello di far fare ad ogni azienda un piano della sicurezza, senza andare a tentativi». Il pressing sindacale continua così come la richiesta di fare i tamponi a tutto il personale. In Ast lavorano 2350 persone che, comunque, entrano anche in contatto con l'indotto. Sarebbe una grande operazione di prevenzione che la Regione non ha escluso ma nemmeno, ancora, organizzato. 
L'Usb, l'Unione sindacale di base, va ancora oltre e chiede «la riduzione dell'orario di lavoro, agendo sui turni, perché il fattore tempo aumenta il rischio del contagio; vanno eventualmente preventivate anche pause più lunghe in modo da poter avere un recupero psicofisico sufficiente rispetto all'aumento dello stress correlato causato dall' utilizzo continuativo delle mascherine e, soprattutto, vanno ripensate le postazioni di lavoro in modo da garantire che la distanza del metro, come più volte riportato dall'Oms, sia fatto certo per tutti i lavoratori. Non accettiamo nessuna scorciatoia su tali interventi e rigettiamo da subito ogni processo di riorganizzazione strisciante che l'azienda vorrà mettere in atto».
A Cuneo è ripresa dopo tre settimane di stop la produzione di pneumatici dello stabilimento Michelin, uno dei principali in Europa della multinazionale francese. L'azienda aveva chiesto 4 settimane di cassa integrazione (dal 16 marzo all'11 aprile) ma ha scelto una ripartenza graduale «dedicata alla produzione di pneumatici per servizi e attività essenziali», come ambulanze, veicoli della sanità, mezzi militari, forze dell'ordine, furgoni per il trasporto di alimentari. In fabbrica meno della metà degli oltre 2.200 dipendenti, divisi sui tre turni. A Genova è ripresa la produzione dello stabilimento Arcelor Mittal di Cornigliano: era fermo dal 23 marzo. Riparte con un avvio graduale del ciclo della banda stagnata per la produzione delle lattine per l'industria alimentare rispondendo così ad una domanda in aumento. Obiettivo è che arrivi a regime entro il 20 aprile: è ripartito, dopo una verifica sull'applicazione delle misure di sicurezza, con 60 persone su tre turni (più gli impiegati in smart working) per arrivare progressivamente a 200.
Ultimo aggiornamento: Giovedì 16 Aprile 2020, 23:31
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