Il Cairo, Alessandria e El Alamein: l’Egitto da non perdere

Il Cairo, Alessandria e El Alamein: l’Egitto da non perdere

di Sabrina Quartieri
«Prima dammi il pane, poi parliamo di civiltà». Se ai tempi dei faraoni si studiavano le stelle e si costruivano le piramidi, oggi in Egitto un detto popolare dà la misura di quanto il suo antico splendore sia ormai lontano dalla vita reale. Nel frattempo, le due regine Cleopatra e Nefertiti sono diventate un pacchetto di sigarette e questo rappresentano per la maggior parte della gente. Per capire meglio il momento storico che sta attraversando il Paese nordafricano, bisogna tornare indietro fino al 2011, ai tempi delle proteste e delle rivolte chiamate dai media occidentali “Primavera araba”. Una definizione che – a sentir parlare gli egiziani – è decisamente infondata: per la popolazione si è trattato piuttosto di “un autunno”. E la prima ragione sta nell’impennata dei prezzi, triplicati o addirittura quintuplicati, di beni come lo zucchero, la carne e la benzina, successiva proprio a quel periodo. A pagare conti salati, da allora, non sono stati solo i cittadini: il turismo per l'instabilità nella terra dei faraoni e delle piramidi è calato incredibilmente e solo negli ultimi due anni i dati parlano di un’inversione di tendenza.
 
I più diffidenti a tornare in vacanza nel Paese restano gli italiani, nonostante le compagnie aeree continuino a investire verso questa meta. Come Air Arabia, principale vettore low cost del Medio Oriente e del Nord Africa che, da maggio scorso, ha attivato due voli settimanali, il venerdì e la domenica, per aprire la rotta tra l’aeroporto di Bergamo Orio al Serio e Alessandria d’Egitto. Intanto, proprio nel turismo, in Egitto si ingrana la marcia e si accelera con importanti progetti: mentre si completa una “nuova Dubai” a El Alamein, si attende l’apertura del secondo Museo Egizio e si appronta una capitale amministrativa del Cairo sul Mar Rosso, per liberare la città dal traffico e dal sovraffollamento dovuto ai suoi venti milioni di abitanti.
 
 
 
AL CAIRO TRA PIRAMIDI, MOSCHEE E BAZAR
 
Sebbene il sito con la tomba più spettacolare sia Dahshur, con la piramide di Snefru, l’unica a forma romboidale, è il governatorato di Giza al Cairo a vantare da ben 4500 anni le sepolture più famose d’Egitto, quelle di Cheope, Chefren e Micerino. Maestose e quasi inaccessibili, le tre strutture del complesso Patrimonio dell’Unesco sono un colpo d’occhio che vale il viaggio. L’unica cosa da sapere, per non rischiare di rimanere delusi, è che l’unico ingresso consentito ai visitatori è quello della piramide di Cheope (137 metri di grandezza e l’unica delle sette antiche meraviglie ancora visitabile). Ma della fitta trama di cunicoli che conducono alla camera funeraria, è percorribile solo lo 0,6%. La seconda tappa di una giornata nella capitale è al Tempio della mummificazione di Chefren, dove si trova l’affascinante e enigmatica Sfinge. Una mastodontica presenza a metà tra una figura umana e un leone che, fino a un secolo fa, spaventava i locali mostrando solo la sua testa.
 
Oggi, la scultura che rappresenta il guardiano del cimitero, di granito e pietra calcarea, ammalia i turisti di ogni parte del mondo. Proseguendo il tour al Museo Egizio, si viene subito colpiti da un aneddoto curioso: Cheope, il faraone che vanta la piramide più grande, nello spazio espositivo del Cairo viene rappresentato con la più piccola delle statuette d’avorio, di soli nove centimetri. Nel grande palazzo rinomato per i tesori di Tutankhamon, con la sua maschera di 11 chili di oro massiccio e il suo sarcofago di 110 risalenti a 3300 anni fa, rinvenuti nell’unica tomba faraonica rimasta intatta, vale la pena perdersi nell’area dedicata all’Antico Regno. Qui, vengono conservate affascinanti testimonianze di una civiltà illuminata, come la statua di Djoser, il faraone con i baffi, o la scultura del nano, che era il sarto e l'orafo prediletto del sovrano. Ancora: la miniatura di un elegante postino con lo zaino pieno di papiri; un’opera di legno che raffigura un sacerdote dagli occhi di alabastro; tre donne in topless intente a fare la birra, e a lavorare il grano e il pane; e, infine, immancabile, lo scriba che, per la sua bellezza, ha “rubato” la copertina del catalogo del museo.
 
La passeggiata continua alla Cittadella di Saladino, per ammirare l’affascinante moschea di alabastro costruita tra il 1830 e il 1848 dal Pasha Muhammad Ali. Il luogo sacro ispirato a Santa Sofia di Istanbul, un tempo Basilica, presenta due insoliti minareti a matita, da cui si propaga il richiamo alla preghiera. Al tramonto, sulle sponde del Nilo si sale a bordo di una “feluca”, la tradizionale imbarcazione a vela egiziana, per una vista della città dall’acqua. Poi, si raggiunge il colorato bazar di Khan Khalili nella parte medievale della capitale e si va a caccia di souvenirs nelle botteghe che si susseguono tra la Porta della Conquista e quella dell’Esattore. Al mercato, per rilassarsi davanti a un bicchiere di karkadè e fumare una shisha aromatizzata nel bar più antico del Cairo, ci si siede da “El Fishawy”. L’esperienza culinaria da provare, invece, è al ristorante “Naguib Mahfouz”.
 
 
 
FORTEZZE, CATACOMBE E ANFITEATRI: NON SOLO LA BIBLIOTECA AD ALESSANDRIA D’EGITTO
 

 
Seconda città del Paese e importante porto del Nord Africa, Alessandria mostra oggi il volto di una metropoli che sembra voler nascondere il suo glorioso passato: sulla “Corniche”, altissimi palazzi di cemento consumati dalla salsedine e lunghe file di automobili ingannano, a prima vista, il turista. Se l’antica città e il faro sono stati inghiottiti dal mare, l’allure della capitale fondata nel 322 a.C. da Alessandro Magno, inoltre, ha subito un irreversibile colpo con i bombardamenti inglesi del 1882 prima, e per l’indifferenza di molte amministrazioni che si sono succedute nel tempo, poi. Eppure, di quella raffinata bellezza di secoli fa più di qualcosa rimane. La visita della città parte dalla moderna Biblioteca che, dal 2002 a oggi, continua a rappresentare la finestra culturale dell’Egitto sul mondo. Il complesso architettonico a forma di disco solare, unito al mare con un ponte, mostra un imponente muro di granito grigio di Assuan con 180 segni di alfabeti non arabi.
 
Come a dire che gli oltre sette milioni di volumi (tra cui 200mila manoscritti antichi) custoditi nella Biblioteca sono patrimonio di tutti e non solo degli egiziani. Ben lontano dall’essere un museo, questo luogo finanziato all’epoca della sua realizzazione anche da Saddam Hussein, si compone di aule a gradinate, sorrette da maestose colonne a forma di papiro e circondate da altissime pareti con delle feritoie per i rotoli di carta. Così apparivano, infatti, i muri di una delle due antiche biblioteche di Alessandria, quella del Serapeo (nel suo tempio oggi si trova la colonna di Pompeo, la più alta d’Egitto con i suoi 27 metri di granito rosa). La tappa successiva è alle catacombe greco-romane di Kom El Shoqafa, le più grandi del Paese. Ma prima di varcare la soglia d’ingresso della cosiddetta “Collina dei cocci” che, tra sarcofagi affrescati, capitelli corinzi e letti funebri, omaggia l’arte alessandrina, vale la pena perdersi tra i vicoli del mercato a pochi metri dal sito.
 
Qui gli egiziani proprietari dei banchi di frutta e verdura accolgono i visitatori con allegria e cordialità, ripetendo “sawary” (che significa “fammi una foto”) a ogni angolo. Non da meno, in quanto a fascino, è l’anfiteatro d’epoca romana che anticamente ospitava l’assemblea del popolo o il parlamento. Oltre ai mosaici raffinati e al lungo viale dove si svolgevano le attività commerciali, in questo sito si possono ammirare busti, obelischi, sfingi nere e cartigli con i nomi dei faraoni in geroglifici, recuperati dal mare. Infine, un’altra visita da non mancare è alla Cittadella di Qaytbay, una roccaforte di calcare del 1477 d.C. costruita sul lungomare di Alessandria, dove un tempo si trovava l’antico faro.
 
 
 
El ALAMEIN, DIETRO I SACRARI UNA “NUOVA DUBAI”

 
La vasta piana in cui si svolsero le grandi battaglie tra gli inglesi e l’armata italo-tedesca durante la Seconda Guerra Mondiale, oggi risorge. A raccontarlo è la lunga costa dal mare caraibico invasa dai cantieri dei villaggi turistici in costruzione. La destinazione di vacanza che in Egitto viene chiamata la “nuova Dubai”, resta però la meta che tutti conoscono per i suoi sacrari. Il primo, a forma di torre medievale, dominato da un alto obelisco, è il luogo di pace di 4200 soldati tedeschi che, proprio a El Alamein, persero la vita combattendo. Il secondo, un’imponente torre ottagonale che ospita una galleria affacciata sul mare, conserva invece le spoglie di 4634 caduti italiani (di cui oltre 2187 ignoti). Sono il porticato d’ingresso con la “Corte d’Onore” e il monumento al “Carrista del Deserto” nel cortile a dare accesso al lungo viale che conduce al nostro sacrario. Un’opera muraria progettata dall’ingegner Paolo Caccia Dominioni che, dal 1949 al 1960, guidò la delegazione di “Onorcaduti” dedita al recupero delle salme nei campi di battaglia disseminati di mine antiuomo (ancora oggi presenti).
 

 
L’EGITTO CHE NON TI ASPETTI: ALLA SCOPERTA DEI MONASTERI COPTI
 


Nei secoli passati, a offrire vitto e alloggio ai carovanieri erano i monaci ortodossi copti che, per dare ristoro ai forestieri, lavavano i loro piedi stanchi. «Proprio come fece San Bishoi nella sua grotta con un viandante che aveva le stigmate e il volto di Gesù», racconta un padre della comunità fondata dal santo nel IV secolo. Arrivato a Wadi Natrun dal Delta del Nilo a 30 anni, San Bishoi costruì questo monastero e presto divenne la guida spirituale di settemila monaci. Qui, dove ancora oggi riposa la sua salma intatta, si torna indietro al tempo in cui il luogo sacro tirato su come una fortezza serviva a difendersi dagli attacchi berberi.
 
La tappa conclusiva della visita è nella cappella affrescata dove è sepolto il 117esimo papa d’Egitto, il patriarca Shenuda III. Il tour continua con la sosta a Deir El-Suryani, un monastero con mura difensive risalente al VI secolo e abitato dai monaci siriani. In questo microcosmo senza tempo si rimane incantati da una grande porta del 914 d.C. e dai due dipinti della Vergine Maria che allatta Gesù Bambino e di San Macario. Ma l’emozione più grande si avverte quando si entra nella grotta di San Bishoi, dove il monaco si ritirava in preghiera giorno e notte, legando i suoi lunghi capelli a una corda per non addormentarsi. Il terzo e ultimo luogo sacro che vale la pena raggiungere è dedicato alla Madonna detta in Baramus: anche qui ci si ritrova in una grande fortezza del IV secolo, con le celle, la chiesa e i magazzini che, nei secoli, hanno permesso a migliaia di monaci di scampare agli attacchi dei berberi.
 
 
Ultimo aggiornamento: Domenica 24 Marzo 2019, 14:28
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