Vega, l’infallibile razzo italiano che vola low cost, l'ingegnere Scardecchia: «Così resterà sempre il migliore»

Vega, l’infallibile razzo italiano che vola low cost, l'ingegnere Scardecchia: «Così resterà sempre il migliore»

di Paolo Ricci Bitti
Nella notte di martedì 20 novembre dallo spazioporto di Kourou nella Guyana francese è stato lanciato per la 13a volta un razzo Vega progettato e costruito al 70% dall’Avio Spacelab a Colleferro (Roma) per conto di ArianeSpace e dell’Agenzia spaziale europea e con il coordinamento dell’Agenzia spaziale italiana. Ha portato in orbita il satellite Mohammed VI B che il Marocco userà per l’osservazione della Terra. Nella storia della missilistica mondiale nessun razzo ha compiuto una tale sequenza perfetta di lanci come quella scritta da Vega dal 2012.

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In volo nello spazio a prezzi low cost e con sconti last minute, ma con trattamento da business class, anzi da top class perché il razzo Vega porta ogni passeggero - uno per uno - direttamente a casa, alla quota giusta in orbita attorno alla Terra.

Ingegnere capo Ettore Scardecchia, i satelliti fanno la coda per volare con il lanciatore italiano Vega costruito dall'Avio.
«Grazie, ce la caviamo in un mercato in forte e continua espansione - risponde il responsabile del prodotto nello stabilimento di Colleferro (Roma), 48 anni, sposato, due figli, laurea a Tor Vergata - con poderosi concorrenti americani (di stato o privati come Nasa, Space X e Blue Origin) e russi, giapponesi, cinesi e indiani: ogni anno ci sono dai 60 agli 80 lanci in tutto il mondo».

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L'ingegnere capo Ettore Scardecchia

Però nessuno di questi giganti, nella storia mondiale dei missili, ha mai realizzato un lanciatore - razzo - affidabile come Vega: 12 missioni su 12 dal 2012 senza il minimo intoppo.
«E ci sono poche cose così complesse come far volare un razzo: così è chiaro che l'affidabilità diventa la prima questione a cui guarda chi deve mandare in orbita costosi satelliti. Lo stesso vale per chi punta su noi in Borsa (dal 2015, ndr)».


L'a.d. di Avio Spacelab, Giulio Ranzo

E poi ci sono i bassi costi?
«Sì, con Vega si spendono dai 25mila ai 40mila euro per ogni chilogrammo portato in orbita. Ma vogliamo fare ancora meglio».

In che modo?
«Più carico pagante nello spazio, ovvero dagli attuali 1.500 chili di Vega ai 3.000 chili del Vega E con motori più potenti, ma senza aumentare troppo il peso del razzo grazie all'affinamento ulteriore delle tecnologie del filato di carbonio e dei carburanti».






In azienda si è rapiti dalla danza dei telai-robot che avvolgono giganteschi cilindri (mandrini alti 12 metri dal diametro di 3,4) con 2.800 chilometri di filo di carbonio per costruire gli stadi di Vega, i P80 e P120 e gli Zefiro.
«All'Avio - dove l'ingegnere Scardecchia lavora da 15 anni guidando anche la plurimedagliata squadra podistica aziendale - abbiamo portato all'eccellenza questa tecnologia che ci fa risparmiare due terzi del peso rispetto ai motori (stadi) tradizionali costruiti in banda di acciaio».

Sembrano dei bozzoli di farfalla.
«Sono enormi, leggerissimi e sicuri bozzoli al cui interno si sprigionano tuttavia temperature superiori ai 2.000 gradi, mentre la parete esterna non raggiunge i 100 grazie anche a una sorta di gomma, sempre ideata all'Avio, che fodera l'interno dei motori e assorbe tutto questo calore nonostante uno spessore di 3 centimetri. A questo formidabile risparmio di peso, prerogativa a questi livelli solo di Vega, si aggiunge la professionalità dei tecnici che da due generazioni a Colleferro si sono specializzati nel caricare gli stadi con propellenti solidi. Qua costruiamo con orgoglio i motori monoblocco più potenti del mondo che, dalla fine degli anni Settanta, spingono in orbita anche i razzi Ariane per i quali realizziamo anche i booster, i vettori ausiliari».



Orgoglio come quando cantaste Fratelli d'Italia il 12 febbraio 2012 davanti agli amici francesi, che gestiscono lo spazioporto di Kourou nella giungla amazzonica della Guyana, per festeggiare il primo lancio di Vega?
«Proprio quello: Vega, va ricordato, nasce in ambito Esa con l'accordo di sette paesi europei che tuttora dà ottimi frutti, ma il contributo italiano è preponderante. In azienda siamo diventati da 700 a 900 in pochi anni e dai "veterani" ai più giovani si prova un forte senso di appartenenza e di comunanza nel fare il proprio compito sempre nel modo migliore. Ed è bellissimo poter rappresentare l'Italia, e diciamo pure guidare l'Europa nella competizione con concorrenti così forti. Restare al vertice di un mercato talmente esasperato richiede sacrifici, ma ne vale assolutamente la pena».


12 febbraio 2012, Kourou, i tecnici dell'Avio in festa per il successo del primo lancio (Foto Paolo Ricci Bitti) 
 
Il prossimo motore, l'M10, appena testato con successo, non sarà più a combustibile solido?
«No, sarà un ecomotore a metano e ossigeno. Con questo propulsore, che permette più accensioni, equipaggeremo dal 2024 su Vega E un terzo stadio che di fatto riassumerà gli ultimi due stadi dei Vega attuali».
 


Sempre per risparmiare peso per un razzo di 140 tonnellate e alto 30 metri?
«Sì, certo, ma non solo. Già adesso possiamo agganciare, nell'ambito della stessa missione, fino a cinque satelliti in cinque orbite diverse da 700 a 2.000 chilometri di altezza. Con Vega E raggiungeremo i 6.000 chilometri con la possibilità di collocare decine di satelliti ognuno alla sua quota. Prevediamo già un lancio con 97 passeggeri: 7 satelliti da 300 chili e 90 cube-sat (piccoli satelliti) installati su dispenser o torrette molto versatili».



Qualcuno ha ribattezzato Vega la scuolabus dello spazio.
«E' azzeccato. Grazie a questa capacità unica di imbarcare più clienti fino a quote diverse, potremo fare sul mercato anche offerte last minute, noi che già abbiamo prezzi low cost. Ecco, mettiamo che qualche mese prima del lancio si apra la possibilità di prendere a bordo qualche altro satellite per raggiungere il massimo carico disponibile: Vega potrà allora offrire questo posto ad altri clienti».

Magari anche agli atenei e agli enti di ricerca non solo italiani che fin dal primo lancio si rivolgono a Vega?
«Certo: dei satelliti non è più possibile fare a meno e così business e ricerca scientifica sono sempre intrecciati in queste missioni».



Epperò in fatto di motori per razzi vale un po' quello che vediamo per le automobili: non si vedono convincenti alternative veramente a portata di mano.
«Per superare l'attrazione terrestre bisogna per forza raggiungere la velocità di 28.800 chilometri l'ora. Quindi serve un'enorme potenza che per ora solo i propellenti tradizionali possono garantire. Scartata l'energia nucleare e in attesa di vele solari o motori a impulsi laser, credo che in una decina d'anni avremo notevoli motori elettrici, ma da usare solo una volta in orbita o magari da una base lunare per raggiungere sempre magari Marte dove forse potremo trovare il metano che già useremo anche per Vega».

Vega è un razzo usa e getta, mentre Musk e Bezos già recuperano gli stadi dei loro razzi.
«E sono bravissimi a farlo: è la strategia del futuro a cui guardiamo anche in Avio, ma per adesso, conti alla mano, non c'è nulla che dica che in questo modo si ottengano risparmi».
 
Ultimo aggiornamento: Lunedì 26 Novembre 2018, 10:27
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