Google, stretta per tutelare gli utenti:
"Non è vero che i suoi servizi sono gratuiti"

Google, stretta per tutelare gli utenti: "Non è vero che i suoi servizi sono gratuiti"

di Andrea Andrei
ROMA - Fra tutte le combinazioni di parole che ogni giorno vengono immesse su Google, ce ne sono due che al motore di ricerca pi famoso del mondo non vanno affatto a genio: “privacy” ed “Europa”. E c'è da scommettere che da ieri anche “Italia” sia entrata nella black list di Mountain View.



Il Garante della privacy ha infatti messo in pratica le tante minacce che negli scorsi mesi erano fioccate contro Big G, imponendo alla società californiana dei “paletti” per tutelare la riservatezza degli utenti.

In particolare, i provvedimenti del Garante fanno riferimento al trattamento di quei dati personali che gli utenti inseriscono nei vari account gestiti da Google, da GMail a YouTube, passando per Google Maps, per il social network Google +, fino a Google Analytics e Google Wallet.



LE MISURE

L’azienda di Mountain View non potrà più monitorare e utilizzare questi dati per finalità di profilazione e per proporre pubblicità personalizzate senza il consenso esplicito degli utenti. E non si potrà più considerare l’uso del servizio come un’accettazione implicita delle regole. In pratica, non varrà più il silenzio-assenso a cui siamo abituati quando ci iscriviamo a un servizio online: Big G dovrà spiegare chiaramente in che modo raccoglie i dati, come ha intenzione di utilizzarli e per quanto tempo li conserverà. A quel punto gli utenti, se vorranno, dovranno esplicitamente dare il proprio consenso.



Google, che pure ha annunciato la sua totale collaborazione, ha 18 mesi di tempo per adeguarsi ed entro il 30 settembre dovrà sottoporre al Garante un protocollo di verifica, illustrando tempi e modalità per l'attività di controllo che l'Autorità svolgerà nei suoi confronti. Il Garante infatti giura che nell’arco di questi 18 mesi non distoglierà lo sguardo: «Sono previste anche delle ispezioni a Mountain View», fanno sapere dall’Autorità italiana.



IL PRECEDENTE

Tutto comincia nel 2012, quando Google ha modificato le sue politiche sulla privacy. Con la motivazione di voler offrire ai propri utenti un’esperienza online più semplice e completa grazie all’interconnessione dei suoi tanti servizi, l’azienda di Mountain View ha unificato 60 procedure di policy in un unico documento globale, incrociando fra loro i dati raccolti. Una scelta che ha fatto rizzare i capelli ai difensori del diritto alla riservatezza di tutta Europa, fra cui l’organismo indipendente francese CNIL e l’Article 29 Working Party, nato in seno all’Unione Europea, che hanno cominciato a lottare strenuamente contro il colosso californiano.



Un appello raccolto dai Garanti di Italia, Francia, Spagna, Germania, Regno Unito e Paesi Bassi, che si sono uniti in una task force aprendo una serie di istruttorie, per dimostrare come le nuove regole di Google andassero contro la direttiva europea sulla protezione dei dati personali.



«L’Italia è stata la prima a prescrivere delle misure concrete», dice un portavoce del Garante della privacy, «È un grande risultato, che premia il nostro approccio: invece che fare multe, creando un muro contro muro che alla fine non cambia nulla e lascia le regole così come sono, noi abbiamo preferito trattare.



Nel corso dell’istruttoria, durata un anno, abbiamo avuto delle risposte da Google, che però si sono rivelate incomplete e insoddisfacenti. Da qui la decisione di imporre dei “paletti” da rispettare. Da oggi Google sarà costretta a dire la verità agli utenti, e cioè che non è vero che i suoi servizi sono gratuiti, ma si pagano con una moneta preziosa: i dati personali, che sono il cuore del business dei colossi del web».



Infatti Google è solo uno dei problemi: «Abbiamo sotto la lente anche WhatsApp, Facebook e altri», assicurano dal Garante, lasciando intendere che la battaglia per la privacy non finisce con Big G.

Non solo. Perché dalla Commissione Europea fanno sapere che «Si sta lavorando a un regolamento sulla privacy, molto più vincolante per gli Stati della direttiva attualmente in vigore».
Ultimo aggiornamento: Martedì 22 Luglio 2014, 09:59