Giappone, il ministro della cybersicurezza ammette: «Non ho mai usato il pc»

Giappone, il ministro della cybersicurezza ammette: «Non ho mai usato il pc»

di Enrico Chillè
«Non so usare il pc, non l'ho mai usato. Quando avevo necessità di utilizzarlo, delegavo tutto a tecnici e segretari». Questa l'ammissione, fin troppo schietta, da parte di un ministro giapponese di 68 anni. Non ci sarebbe niente di male, anche alla luce dell'anzianità, se non fosse che Yoshitaka Sakurada ha appena avuto, dal governo di Shinzo Abe, la delega alla cybersicurezza.

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Una storia, quella di Yoshitaka Sakurada, che contrasta con la meritocrazia e l'efficienza nipponica che da sempre vengono decantate in tutto il mondo. In molti, nel paese del Sol Levante e non solo, si stanno chiedendo se affidare un tema complesso e delicato ad una persona così inesperta sia stata una buona idea. Al di là, ovviamente, dell'innovazione tecnologica che ha sempre contraddistinto il Giappone.

Yoshitaka Sakurada, esponente del partito di governo, si è visto costretto ad ammettere candidamente di non saper usare il pc riferendo al Parlamento durante il 'question time'. Un deputato aveva infatti rivolto al ministro una domanda relativa alla sicurezza dei dispositivi USB e questi ha risposto così: «Non conosco molto bene i dettagli, potrei portarvi un esperto in grado di rispondere?».

Le opposizioni hanno subito cavalcato l'indignazione suscitata dalla nomina di Sakurada a responsabile della cybersicurezza del Giappone. Il ministro sotto accusa, tra l'altro, non è nuovo a gaffe o a uscite controverse. A lui, ad esempio, era stata affidata anche la delega per le Olimpiadi di Tokyo 2020, e anche in quel caso si erano palesate gravi lacune per un funzionario pubblico a cui era stata attribuita una simile responsabilità.

Ancora più grave, forse, una caduta di stile risalente a due anni fa. Parlando delle donne coreane che, durante la Seconda guerra mondiale, erano state rapite dai militari giapponesi per soddisfare i loro istinti sessuali, Yoshitaka Sakurada le aveva definite semplici "prostitute professioniste". Quelle dichiarazioni avevano creato una vera e propria crisi diplomatica tra Giappone e Corea del Sud, che stavano negoziando proprio i risarcimenti per le famiglie delle vittime di quell'orrore.
Ultimo aggiornamento: Lunedì 19 Novembre 2018, 22:18
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