Zuckerberg sotto attacco di fronte al Senato: «Mi dispiace, faremo meglio»

Zuckerberg sotto attacco di fronte al Senato: «Mi dispiace, faremo meglio»

di Simone Pierini
«Mi dispiace» per gli abusi effettuati sugli account degli utenti di Facebook. Così Mark Zuckerberg scandisce le sue scuse in apertura dell'audizione alla commissione congiunta Giustizia e Commercio del Senato. Quasi un 'rito di passaggio' per Zuckerberg: il 33enne fondatore e Ceo di Facebook torchiato da senatori e deputati in una maratona di due giorni al Congresso americano dove è stato chiamato a testimoniare dopo lo scandalo Cambridge Analytica, ma anche dopo quanto emerso sul ruolo dei social media nelle interferenze alle elezioni americane.
 
 

La 'maratona' parte al Senato. Domani sarà alla camera. Questo mentre il social network offre una ricompensa agli utenti che segnalano l'uso improprio dei dati da parte degli sviluppatori di app, come è accaduto appunto nello scandalo Cambridge Analytica. Facebook lancia così il programma 'Data Abuse Bounty', ispirato al 'Bug Bounty', quello usato dal social network per scoprire i 'bug', cioè le falle di sicurezza informatica e che prevedono un premio in soldi a chi le scopre e segnala. Il Data Abuse Bounty «premierà le persone che conoscono casi in cui un'app della piattaforma raccoglie i dati per venderli, usarli per truffe o per scopi politici», spiega Facebook in un post ufficiale. Proprio come il 'Bug bounty', ricompenseremo gli utenti in base all'impatto di ogni segnalazione. 
 


Quelli per i 'bug' più pericolosi fino ad ora hanno fruttato sino a 40mila dollari». Le segnalazioni verranno esaminate «il più rapidamente possibile» e se verrà confermato l'abuso di dati, l'app incriminata verrà chiusa, verranno «intraprese azioni legali contro la società che vende o acquista i dati», verrà «pagata la persona che ha fatto la segnalazione e avvisati tutti gli utenti interessati». Intanto, oltre alle già annunciate notifiche agli utenti interessati allo scandalo Cambridge Analytica, Facebook lancia uno strumento accessibile a tutti per capire se si è stati colpiti dalla condivisione dei dati. Secondo il sito The Next Web, si arriva a questo strumento attraverso un determinato link, oppure si trova digitando la parola «Cambridge» nella barra di ricerca del Centro assistenza di Facebook.  

Si accede così ad una pagina intitolata «Come posso sapere se le mie informazioni sono state condivise con Cambridge Analytica?». Se non si è stati interessati alla fuga di dati apparirà il seguente messaggio: «In base alle nostre informazioni, tu e nessuno dei tuoi amici si sono registrati a This Is Your Digital Life», cioè l'app 'ponte' che ha fatto scoppiare lo scandalo sulla privacy. Questi sono i giorni più difficili, e un test per Zuckerberg abituato ad eccellere: deve dare prova di umiltà, ma di fermezza allo stesso tempo, davanti al Congresso, «l'America e possibilmente parte del mondo», come è stato sottolineato dai Senatori in apertura di audizione. E anche dalla Unione Europea arriva «un messaggio forte e un messaggio chiave: la protezione dei dati personali è un valore non negoziabile» per l'Ue, come ha affermato con forza la commissaria Mariya Gabriel al Digital Day 2018 in merito agli ultimi sviluppi dello scandalo che ha coinvolto Facebook.
 

Così ancora una volta Zuckerberg si scusa, come ha fatto pubblicamente già in passato, ammette gli errori e se ne prende la responsabilità, ma tenta anche di esporre le sue ragioni, di difendere Facebook e il suo 'mondò, di garantire che lo spirito è quello giusto e che «faremo meglio». Lo ha già sottolineato parlando a porte chiuse con i senatori. Adesso il fuoco di fila in aula, come per tanti imprenditori e politici prima di lui chiamati a spiegare e a spiegarsi dopo scivolate, errori o accuse. Zuckerberg -che per la sua visita a Washington e a Capitol Hill in particolare ha già abbandonato la sua consueta t-shirt grigia a favore di giacca e cravatta- dove dimostrare di saper reggere al classico tono perentorio delle domande di senatori e deputati: «Ci risponda con un sì o un no... » è una delle formule predilette e il fondatore di Facebook proprio non può peccare di arroganza e deve convincere. Perchè in gioco c'è anche la partita su regole e restrizioni, un dibattito sempre acceso con parte del mondo politico favorevole a una maggiore regolamentazione per il web e che gli ultimi scandali non fanno che galvanizzare.
Ultimo aggiornamento: Mercoledì 11 Aprile 2018, 09:49
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