«Le ultime parole: Qui trema tutto Il picco di vento in pochi minuti»
di Alessio PIGNATELLI
La storia si ripete e ci sono dei tratti inspiegabili, come se il destino abbia fatto la propria parte in maniera preponderante: Simeone per due volte ne è stato protagonista ed è ovviamente sotto choc. «Il 28 novembre 2012 ero sulla gru Dm8 accanto a Francesco, è mancato poco perché la cabina si è mantenuta sospesa per un paio d'ore» ricorda tremante. «Mercoledì ero in ufficio, stavamo valutando la situazione. Il bollettino era di vento forte e burrasca ma solo quando la burrasca è forte automaticamente i gruisti rimangono a terra. Abbiamo visto un tempo nero e avvisato i gruisti di scendere: la decisione è stata presa subito insieme al capoturno ma in pochi minuti c'è stato un picco del vento. Erano operativi tre gruisti, due sono scesi normalmente perché il processo è andato liscio. Poi non si è capito più niente, dopo quella nube abbiamo visto il colosso che si era accasciato».
Naturalmente saranno magistratura ed enti competenti a verificare fino in fondo quanto e come sia potuto accadere un altro incidente nella stessa maledetta zona dello sporgente. Per Simeone, parte civile nel processo Ambiente svenduto, in cui è rappresentato dall'avvocato Pierluigi Morelli, le dinamiche sono chiare: «Mimmo era un gruista esperto, la sua cabina non è riuscita ad avvicinarsi al cancelletto probabilmente perché si bloccava o comunque rallentava. L'unica alternativa era raggiungere la sala argani dove ci sono gli argani in movimento dei carri e optare per la via d'emergenza attraverso le scale. Quando ci siamo sentiti al telefono lui era lì, mi ha detto qui trema tutto, trema tutto». La domanda più scontata ma altrettanto logica che si fanno tutti è: come si può accettare che sia successo di nuovo, ancora lì? Dopo protocolli, controlli e collaudi, è possibile tutto questo? «Le verifiche ci sono periodicamente, l'unica anomalia è che quella cabina era più lenta delle altre: anziché impiegare tre minuti per arrivare alla scaletta, ce ne volevano due in più. Quando c'erano i controlli risultava comunque nel range per operare».
Anche Sante Bruno è stato gruista al IV sporgente per dieci anni. Adesso non lo è più. Lavora sempre in ArcelorMittal nel parco minerali. Uno dei reparti meno ambiti, eufemisticamente. Ma Sante benedice quella richiesta fatta ormai sette anni fa. Dopo quel tristemente famoso novembre 2012. «Abbiamo sempre lamentato le criticità ma dopo il dramma di Francesco ho deciso di cambiare visto che non avevo avuto riscontri dall'azienda sulla sicurezza. Alla fine mi hanno mandato sui parchi minerali, non il massimo lo so. Ma ora ancora di più non rimpiango nulla». Sante racconta anche le leggere differenze tra gli episodi. La prima volta è caduta solo la cabina perché mancavano i respingenti rispetto al progetto della casa madre. Mercoledì è crollata invece tutta la gru completa. Inezie perché il finale drammatico non cambia. E non cambia anche l'amarezza per un giovane amico e per un destino ineffabile che Sante condensa in una frase: «Dicono che ci sono controlli, personalmente ho visto poco: non ho paura ad affermarlo, sono inserito come testimone nel processo Ambiente svenduto e ho già dichiarato tutte queste cose. Del resto, la nostra vista sarà questa: faremo da testimoni per le morti dei colleghi».
A.Pig.
Ultimo aggiornamento: Venerdì 12 Luglio 2019, 13:52
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