A luglio si è celebrata la Giornata Internazionale del Mar Mediterraneo per evidenziare pericoli che lo minacciano. Tra le insidie maggiori per il Mediterraneo vi è l’inquinamento da plastica poiché esso è un mare semichiuso.
La plastica
Il Mare Nostrum ospita l’1% dell’acqua del pianeta e tra il 4 e il 25% della diversità di specie marine globali ma concentra il 7% delle microplastiche del mondo. Una quantità che equivale al peso di 50 torri Eiffel! Ogni anno finiscono nel Mediterraneo 229.000 tonnellate di plastiche: l’equivalente di 500 container al giorno. La plastica rappresenta l’80% dei rifiuti dispersi. Il Mediterraneo è, quindi, l’area del pianeta in cui la plastica dispersa in mare minaccia maggiormente gli uccelli marini già a rischio di estinzione come dimostrato da uno studio condotto da oltre 200 ricercatori di 27 Paesi, Italia compresa. È stata individuata una particolare patologia, la “plasticosi”, una fibrosi causata dall’ingestione di plastica la quale riduce le capacità di assorbimento di alcune vitamine da parte degli uccelli compromettendone la sopravvivenza. Specie particolarmente minacciata è anche il corallo rosso, nome scientifico Corallium rubrum (Linnaeus, 1758), animale coloniale, parente di meduse e anemoni di mare, il cui “scheletro” di forma arborescente, che supera i 20–30 cm di altezza, è costituito da centinaia di piccoli animaletti, chiamati polipi, che si nutrono di plancton e sostanze organiche in sospensione nell’acqua. Vive da 20-30 metri fino a -200 m in condizioni ambientali di salinità costante, ridotto moto ondoso e illuminazione scarsa . Ha crescita lentissima: circa 3–4 mm l’anno in altezza e 0,25-0,60 mm l’anno in diametro. In Mediterraneo, è presente da Grecia e Tunisia fino allo Stretto di Gibilterra, Corsica, Sardegna, Sicilia e Baleari incluse. È diffuso anche nell’Oceano Atlantico orientale, in Portogallo, alle Canarie, in Marocco e presso le Isole di Capo Verde.
Il corallo
Il suo scheletro, di colore generalmente rosso brillante, è molto ricercato in oreficeria. Ed è proprio questa la causa della riduzione delle sue colonie. Il costo del corallo appena pescato va da 700 euro al chilo, per le parti più morbide e sottili, a 5.000 euro per quelle più grosse. Non per nulla, esso è definito “oro rosso”. Una curiosità: Ovidio nelle “Metetamorfosi” narra che Perseo decapitò una delle Gorgoni, Medusa, il cui sangue, pietrificando alcune alghe, dette origine al corallo. Il prelievo delle colonie negli ultimi dieci anni si è dimezzato. Tuttavia, ogni anno nel Mediterraneo se ne pescano 70 tonnellate, una quantità tuttora elevata. L’Italia, più di altri paesi del Mediterraneo, ha una tradizione secolare di pesca del corallo. Infatti, i liguri pescavano corallo lungo le loro coste fin dal XII secolo e in seguito si spostarono sui principali banchi del Mediterraneo, primi fra tutti quelli localizzati presso la Sardegna. Fino agli anni ‘80 del secolo scorso, la pesca avveniva con una barca a motore, detta corallina, che trascinava una grossa croce di legno a bracci uguali, detta “ingegno” o “croce dei corallari”, appesantita con massi ed alla quale erano attaccate reti di canapa a maglia larga. Oggi tale pesca è vietata poiché non selettiva: l’ingegno danneggiava pesantemente il fondo sradicando interamente i ceppi di corallo e distruggendo tutto l’ambiente circostante. A contenere il prelievo selvaggio hanno contribuito le aree marine protette, fino a quando, nel gennaio del 2019, è stata promulgata una legge che regola la pesca del corallo a livello nazionale e che consente la pesca a soli sub professionisti che si immergono con martello e piccozza scegliendo i coralli da pescare; a tali sub, ogni anno, viene rilasciato un numero limitato di licenze in base alla stagione per favorire la riproduzione della specie. Possono essere raccolte solo colonie con dimensioni minime alla base non inferiori ai 7 mm, con un margine di tolleranza del 10%.
La situazione in Puglia
Ma qual è la situazione del corallo rosso in Puglia? Uno studio condotto dal Dipartimento di Bioscienze, Biotecnologie e Ambiente dell’Università di Bari ha mostrato che lungo tutta la costa jonica, fino a circa venti anni fa, il corallo rosso era comune tra -50 e -70m, con colonie di dimensioni importanti, mentre oggi il popolamento è rarefatto (in media una colonia ogni 100 m), e sono poche le aree dove è possibile osservare popolamenti con elevati valori di densità. In particolare, nei fondali in prossimità di Taranto, più dell’80% della popolazione studiata si trova sotto la taglia minima di prelievo (10 mm di diametro alla base). Il monitoraggio effettuato nel 2022 ha rivelato un importante spostamento delle classi di taglia individuate nel 2018 verso quelle più piccole, segno che c’è stata una importante azione di prelievo a carico delle classi di taglia maggiori. La situazione è in lenta ripresa nei fondi di Ugento, Santa Maria di Leuca e Otranto. I ricercatori suggeriscono il blocco del prelievo in tutto il territorio regionale per almeno un decennio nonché l’incremento delle attività di controllo della pesca illegale e l’elaborazione di un piano di monitoraggio per la valutazione dell’efficacia delle misure di protezione adottate.
Ultimo aggiornamento: Lunedì 31 Luglio 2023, 05:00
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Profilo Interessi e notifiche Newsletter Utilità Contattaci
Logout