Sinner, Musetti e gli altri: l'Italia ha una generazione di fenomeni

Sinner, Musetti e gli altri: l'Italia ha una generazione di fenomeni

di Piero Valesio

«Ma in Svezia avete una fabbrica di robot del tennis? E poi ci avvitate sopra delle testoline?». Anno Domini 1986: a parlare è Ion Tiriac. Uno che in quel momento sta curando le fortune di Boris Becker. Ma la frase è ispirata da altri componenti della classifica Atp: gli svedesi, per l’appunto. Nelle prime 21 posizioni ce ne sono 7: Wilander è n.3, Edberg 5, Nystrom 7. Poi Pernfors, Carlsson, Jarryd e Svensson. Nei primi 100 gli svedesi sono 12. Ma nel 1979, quando Bjorn Borg chiudeva il secondo anno consecutivo da n.1, era lui l’unico svedese fra i primi 100. L’unico.
Costruire un paragone fra il fenomeno-Svezia di allora e il vulcano-Italia di oggi può essere divertente visto che lunedì gli italiani fra i primi 100 giocatori del mondo saranno 10: ultimo entrato Gianluca Mager. Mai il tennis italiano maschile aveva raggiunto un obiettivo del genere. Come si è potuto verificare un tale fenomeno visto che non abbiamo avuto un Bjorn Borg capace di scatenare un potente senso di emulazione?
La risposta is blowin in the wind direbbe il Nobel Dylan. Il cammino italiano ha fin qui seguito un percorso opposto rispetto a quello degli svedesi. In quel caso fu Bjorn, che in forza della sua potenza rivoluzionaria dentro e fuori dal campo, creò la passione popolare. In Italia questo innesco emotivo non l’abbiamo avuto, ai giorni nostri. Lo fu Adriano Panatta con Barazzutti, Bertolucci e Zugarelli a fargli da partner.

INNESCO AL CONTRARIO
Quel tipo di personaggio è nato oggi, si chiama Jannik Sinner e stasera alle 19, a 19 anni (cabalisti, dateci sotto) giocherà la finale a Miami contro l’amico e compagno di doppio Hurkacz.

L’aspirante messia è arrivato per ultimo, come frutto di una crescita diffusa e poggiante su diverse radici. Abbiamo chi, come Fognini e Seppi, è stato per anni a guidare il tennis italiano ottenendo risultati anche di altissimo livello ma senza mai scatenare l’entusiasmo; chi come Cecchinato ha vissuto, al Roland Garros, un one shot di quelli che caratterizzano una carriera; chi come Travaglia e Caruso chissà quante notti hanno passati svegli a domandarsi se tanti sforzi, tanti soldi investiti avrebbero avuto un senso; chi come Lollo Sonego ha voluto verificare se trasportando nel tennis il tremendismo del Toro, che è la sua squadra del cuore, avrebbe potuto ottenere qualcosa. Ed infine, anticipati dal roboante avvento di Matteo Berrettini, sono arrivati questi due: Sinner e Musetti.

L’ISPIRAZIONE
Ma la domanda torna. Chi ha fornito a questi nostri due fantastici post adolescenti l’ispirazione profonda per diventare ciò che sono? In epoca di globalizzazione totale non c’è stato bisogno che l’innesco fosse nato a sud delle Alpi. Il genio non ha confini. In Jannik fioriscono i semi di una forma mentis che ha in Nadal il suo testimonial; in Musetti fanno capolino uno stile e una visione del campo che paiono originarsi da Federer. I due più potenti docenti di tennis (a distanza e in presenza) della storia contemporanea.
Per anni i fiori più splendenti sono cresciuti altrove. Ma il vento globale ha poi fatto in modo che delle spore di sapienza cresciute in quell’altrove arrivassero fino a noi e qui mettessero radici. Visto? La risposta, per una volta, era davvero nel vento.


Ultimo aggiornamento: Domenica 4 Aprile 2021, 17:39
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