Quinn, prima transgender a medaglia ai Giochi: «Ma la battaglia è ancora lunga»

Quinn, prima transgender a medaglia ai Giochi: «Ma la battaglia è ancora lunga»

Ci sono medaglie che rappresentano qualcosa di più. Perché diventano il simbolo di storie che travalicano lo sport e diventano vita. Avrà vissuto queste sensazioni Quinn quando ha guardato, stretto a sé e poi appesa al collo la sua. Lei che nel settembre 2020 ha dichiarato di essere transgender e di genere non binario: con la squadra femminile del Canada ha vinto l'oro nel torneo di calcio alle Olimpiadi di Tokyo, battendo in finale la Svezia. E in un attimo ha dato un calcio - letteralmente - a stereotipi e discriminazioni. 

La storia di Quinn

Si fa chiamare con il cognome da quando ha indicato il suo primo nome come "deadname". A calcio con le donne può giocare perché secondo il Cio i suoi livelli di testosterone sono considerati accettabili e quindi consentiti. Aveva già vinto un bronzo a Rio nel 2016, prima di raccontare la sua nuova libertà. Il suo è un oro che passerà alla storia proprio perché è la prima volta che un atleta trans e non binario vince una medaglia

Il successo più grande, però, probabilmente è arrivato dopo l'oro. Migliaia di messaggi dai giovani che mai avevano visto una persona trans nello sport. «Questo mi ha dato grande responsabilità - ha detto Quinn a CBC Sports -. Lo sport è la parte più eccitante della mia vita e quella che mi dà più gioia. Se posso permettere ai bambini di amare gli sport che amano, questa è la mia eredità ed è per questo che sono qui». Anche grazie al suo esempio, per tanti ragazzi sarà più facile tirare fuori il coraggio e mostrarsi per ciò che si sentono davvero. 

La madre di Quinn, Linda, giocava a basket all'Università di Waterloo in Canada, mentre il padre Bill giocava a rugby all'Università dell'Ontario occidentale.

Quinn, che gioca per i Seattle OL Reign nella NWSL, ha fatto il suo debutto per il Canada nel 2014. Da allora ha collezionato 68 presenze con la nazionale: «Prima apertamente trans olimpionica a gareggiare, non so come sentirmi», aveva scritto lo scorso 22 luglio in un post su Instagram. Sono orgogliosa di vedere "Quinn" nella formazione ma mi sento triste nel sapere che ci sono stati degli olimpionici prima di me incapaci di vivere la loro identità a causa del mondo di oggi. Però mi sento ottimista per il cambiamento: nelle leggi, nelle regole, nelle strutture e nella mentalità. Soprattutto sono consapevole della realtà: le ragazze trans vengono bandite dallo sport. Le donne trans affrontano discriminazioni e pregiudizi mentre cercano di perseguire i loro sogni olimpici. La lotta non è vicina alla fine. Festeggerò quando saremo tutti qui».

Giochi mai così inclusivi

Ma Quinn non è l'unica atleta transgender: erano circa 180 quelli LGBTQ+ a questi Giochi di Tokyo, quattro transgender e non binari, più di 120 in più rispetto a Rio. Hanno potuto raccontare le loro storie ed essere così di ispirazione anche la sollevatrice di pesi neozelandese Laurel Hubbard, la skateboarder del Team USA Alana Smith e l'americana Chelsea Wolfe. 

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Ultimo aggiornamento: Lunedì 9 Agosto 2021, 23:17
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