Il Covid mette ko anche Muhammad Ali: la storica palestra Audace costretta a vendere il ring di Roma 1960 dove il campione vinse l'Oro

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di Piergiorgio Bruni

E' un anno che sta lì, abbandonato, vuoto, senza vita, a prendere polvere in uno dei sotterranei della palestra centenaria dell'Audace di Roma. Il ring dei Giochi del 1960 nella Capitale, un tempio della boxe e dello sport mondiale, rischia di finire all'asta, preda dei collezionisti Usa. Quel quadrato di colore blu è un pezzo di storia del pugilato: più di sessant'anni fa ci aveva combattuto un giovanissimo Muhammad Ali (che allora si chiamava ancora Cassius Clay). Con i suoi pugni inarrivabili era arrivato fino alla medaglia d'oro olimpica, danzando e colpendo con ganci e jab senza soste su quel ring allestito all'Eur, davanti a migliaia di tifosi estasiati, e immortalato in ogni foto e in ogni immagine di quelle Olimpiadi romane che fecero scoprire al mondo il talento di Ali (e qualche giorno prima di un altro fuoriclasse, Nino Benvenuti).

Dopo quei Giochi doveva essere distrutto, l'Audace Boxe l'ha salvato e fatto diventare un luogo di culto e di allenamento nella palestra di via Frangipane, custodito da tre generazioni dai maestri Venturini. Campioni e semplici amatori, in migliaia si sono allenati in questi anni su quel quadrato, emozionati di combattere sullo stesso tappeto dove si era esibito il grande Ali.

 

Almeno fino all'arrivo del Covid. Da oltre un anno non è possibile praticare il pugilato, sport di contatto, e la palestra Audace è tristemente chiusa, con problemi economici sempre più pressanti. Così, mettere in vendita lo storico ring è diventata un'esigenza; si sono fatti avanti collezionisti e filantropi americani, pronti a partecipare a una eventuale asta e ad acquistare il quadrato blu per portarselo negli Usa.


«Inutile negarlo, abbiamo bisogno di danaro per far sopravvivere l'Audace, reggiamo ancora per poco spiega il maestro Gabriele Venturini forse fino all'estate, poi sarà la fine. Siamo stati lasciati soli dalle istituzioni, l'asta sarebbe l'ultima carta da giocare per sopravvivere».

Però, un'alternativa c'è e si chiama crowdfunding. «Stiamo pensando a una raccolta fondi tra appassionati, tra chi ama davvero la boxe. Potremmo raccogliere quel denaro che ci permetterebbe di riaprire la palestra, di ristrutturare lo storico ring e, soprattutto, di non venderlo agli americani. Siamo combattenti, siamo pugili, non ci arrenderemo facilmente».


Ultimo aggiornamento: Venerdì 26 Marzo 2021, 14:38
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