Jason Dupasquier, il padre di Andrea Antonelli: «Sono morti di serie C. Pagavamo per farli correre, mio figlio voleva salvare la moto»

Dupasquier, il padre di Andrea Antonelli: «Sono morti di serie C. Pagavamo per farli correre, mio figlio voleva salvare la moto»

di Vanni Zagnoli

Si fatica a trattenere le lacrime, ascoltando Arnaldo Antonelli e la moglie Rossella, i genitori di Andrea, morto nel 2013, a Mosca, nella supersport, anticamera della Superbike.

“Oggi - ricordano - avrebbe 33 anni. E’ sepolto a Sanfatucchio, qui in Umbria”.

Mamma Rossella, 61 anni, è impiegata, papà Arnaldo, 61 anni, insegna educazione fisica e fa il preparatore atletico, a Castiglione del Lago, Perugia, 15mila abitanti. E’ il paese natale dell’ex centravanti anche dell’Italia Stefan Okaka Chuka, dell’Udinese.

“Abbiamo gli amici della onlus Andrea Antonelli, supporters che lo ricordano su facebook e sulla rete. Anche mio figlio giocava a calcio, diciamo che faceva finta, era stato proprio compagno di Okaka”.

Antonelli, come perse la vita, in Russia?

“Lo colpì un altro pilota, Zanetti, di Bergamo. La moto era scivolata sull’asfalto per la pioggia, lui cadde a uscire dalla pista, era a un metro dalla salvezza, attraversò l’asfalto a piedi per andare a riprendere la sua Kawasaki. Era nel team Go eleven, oggi secondo con la Ducati, nella superbike, grazie al britannico Chaz Davies”.

Cosa lo accomuna alla morte di Jason Dupasquier?

“La condizione di partenza, ovvero anche i genitori dell’elvetico pagano per farlo gareggiare. Nella sua carriera noi abbiamo investito 500mila euro, in tutto, non tutti coperti dagli sponsor. I soldi arrivano da amici, tutto fatturato, era rischi, per loro, nel senso che il ritorno di immagine non era certo”.

Andrea studiava?

“Era l’unico pilota ufficiale a lavorare, era geometra allo studio tecnico Maurizio Esposti, gli suggerii di non abbandonare una seconda strada, almeno finchè non fosse stato pagato, per correre. Ha un fratello, Luca, di 25 anni, laureato in economia e commercio, e al lavoro”.

Ieri cos’ha provato nel vedere le immagini drammatiche della caduta dello svizzero?

“Ho pensato subito che sarebbe morto. Era in mezzo la pista, quando ti colpisce una moto, sul casco, come minimo ti rompe l’osso del collo. Jason è stato centrato al capo e sulle gambe, neanche voglio immaginarsi come sarà devastato quel corpo. L’ho visto casualmente, in tv, fu la stessa scena ultima di mio figlio”.

Le è arrivato un risarcimento?

“Sì, ma inferiore a quanto percepisce una famiglia di chi, magari, perde la vita su uno scooter: meno di 200mila euro, sono andati a suo fratello, sono serviti per comprargli un appartamento”.

Dove sarebbe arrivato, Andrea Antonelli?

“Otto anni fa, era il miglior giovane pilota d’Italia, avrebbe coronato il suo sogno”.

Ora cosa si sente di dire alla famiglia di Dupasquier?

“Che è morto per la cosa che gli piaceva.

Leggiamo di omicidi per futili motivi, di morti per circostanze incredibile, i nostri figli hanno perso la vita felici, nel senso che vivevano per correre, per essere in moto”.

La federmoto l’ha dimenticata?

“Il presidente Paolo Sesti ci aiutò nel contenzioso fra l’assicurazione e la federazione, il pagamento arrivò due anni dopo la morte. Ma posso dirle una cosa?”.

Prego...

“A Mosca la superbike non è più stata disputata. Perchè quella gara doveva essere rinviata, per la pioggia eccessiva”.

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Suo figlio che idoli aveva?

“Nei supermotard, aveva battuto addirittura Marco Simoncelli e Valentino Rossi. Erano i suoi idoli.  Guido Meda di Skysport ci manda regolarmente saluti, quando lavorava a Mediaset aveva capito le  potenzialità di Andrea. Ero anche il suo mental coach, dai 14 anni, aveva grandi potenzialità, magari dalla supersport sarebbe passato alla superbike, era al livello di Danilo Petrucci, il ternano da tempo in motogp, l’aveva battuto”.

La famiglia era presente, alla gara che gli costò la vita?

“Io era sul palazzo dell’arrivo, ho intuito subito che difficilmente si sarebbe salvato. Escluso in Australia, l’abbiamo sempre seguito tutti e tre, in camper, in un centinaio di gare, in 6 anni, in tutta Europa, ne abbiamo consumati due...”.

E’ diventato amico di Paolo Simoncelli, il padre di Marco?

“Non abbiamo mai avuto contatti. I nostri morti sono di serie C. Abbiamo 10-15 supporters, che non ci dimenticano”. Neppure con altre famiglie che hanno perduto piloti in gara, anche in formula1? Da Senna e Gilles Villenueve? “Solo con la Sara, la moglie di Doriano Romboni, morto a Latina nella manifestazione per ricordare Simoncelli”.

Dal Coni ha ricevuto solidarietà?

“Il presidente Malagò mi aveva riconosciuti agli internazionali di tennis, a Roma, si era interessato con Sesti, per il risarcimento”.

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Ultimo aggiornamento: Domenica 30 Maggio 2021, 20:32
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