Roma, Pedro l'uomo delle notti magiche: «Questione di mentalità»

Roma, Pedro l'uomo delle notti magiche: «Questione di mentalità»

di Alessandro Angeloni
 Pedro Pedro Pe’, cantava Francesco Totti a Trigoria qualche settimana fa. Si sorride, si gioca sul nome, si ricorda la canzone della Carrà e magari, speriamo presto, diventerà un coro da stadio per lui. Pedro, non è un calciatore qualsiasi. E’ l’esperienza, il talento, la capacità di reggere i grandi appuntamenti. E’ uno che ha vinto ventinove titoli: è il più titolato nella Roma. Per lui partite come quella di domenica, Roma-Juventus, sono la normalità. Pedro Rodríguez Ledesma ha vissuto gli anni del grande Barcellona di Guardiola e di Luis Enrique (e della Spagna dominatrice in Europa e nel mondo) in giallorosso arriva a 33 anni, quando forse il meglio probabilmente l’ha già dato e qualche acciacco se lo porta dietro. E’ l’arrivo di mezzo, tra la fine dell’èra Pallotta e l’inizio dei Friedkin. L’ultimo regalo di Franco Baldini, che Fonseca ha accettato ben volentieri e ora lo gestisce insieme ad altri dal lucido pedigree, come Dzeko e Mkhitaryan. Domani arriva la Juve all’Olimpico, stadio dove ha vinto nel 2009 la sua prima Champions. «Bei ricordi». 
PEDIGREE
La sua è stata un’operazione a basso costo, è arrivato svincolato. Somiglia molto all’arrivo di qualche anno fa (2007), sempre dal Barça, di Ludovic Giuly, che qui ha resistito poco (un solo anno) ma il suo contributo, in quella squadra di Luciano Spalletti, era riuscito a darlo, eccome. La Roma ha bisogno di questa qualità e qualcosa a Verona, seppur non al top della condizione, Pedrito l’ha fatta vedere. Se a Roma la normalità è non vincere, per Pedro è la ragione di vita. «Io mi arrabbio pure se perdo in allenamento», dice. Non c’è un trofeo che non abbia alzato, dal Mondiale (uno), all’Europeo (uno), dalla Champions (tre), all’Europa League (una), dalla Supercoppa europea (cinque) alla Coppa del mondo per Club (due). Per non parlare poi delle coppe nazionali (dieci), delle collezioni di scudetti, cinque in Spagna, uno con il Chelsea. Pedro è uno da 152 gol, suddivisi tra Barcellona B (10), A (99) e Chelsea (43), su un totale di 544 presenze (321 nel Barça, 17 nella squadra B blaugrana, 206 col Chelsea). Fanno 545 se aggiungiamo la presenza di Verona con la maglia della Roma. A parte, ma non da sminuire, le prestazioni con Spagna, con la quale ha giocato 65 volte, segnando 17 reti. Pedro è stato spesso decisivo nei momenti clou, dagli esordi a ieri. Per fare qualche esempio: in finale di Supercoppa europea (2009) contro lo Shakhtar, entra al posto di Ibra, segnando la rete decisiva nei supplementari. A dicembre dello stesso anno firma due gol nella sfida del Mondiale per club contro l’Atlante. Decisivo, Pedro, anche nella finale di Champions nel 2011, 3-1 per il Barça e lui realizza il vantaggio. Poi, maggio 2012 due reti nella finale di Coppa del Re vinta col Bilbao. L’ultimo anno nel Barça segna una rete nella finale di Supercoppa con il Siviglia. Pedrito a maggio 2019 vince con il Chelsea l’Europa League, siglando anche il gol nel 4-1. La Juve l’ha sfiorata una sola volta, il 6 giugno del 2015, nella finale di Berlino: l’ultima di Pirlo da giocatore italiano. 
KARSDORP E PELLEGRINI
Quella sera, lo spagnolo (subentrato a un minuto dal novantesimo) ha fornito l’assist a Neymar per il 3-1 definitivo. E ora è da considerare un successo il ritorno in Champions League. «Abbiamo la rosa per farlo. La motivazione è sempre la stessa: avere una voglia interiore di vincere. È una sfida complicata, dobbiamo procedere passo dopo passo creando una mentalità forte e vincente. Dzeko? Lo vedo contento. È il nostro capitano siamo felici che resti. Solo i grandi giocatori ti permettono di ambire a grandi risultati. Uno non basta». E chi meglio di lui lo sa? Dal campo: provato Pellegrini al fianco di Veretout (c’è in ballo anche Cristante). Karsdorp non recupera. 
Ultimo aggiornamento: Sabato 26 Settembre 2020, 07:30

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