Premier League, in campo a giugno a porte chiuse e con tv in chiaro

Premier League, in campo a giugno a porte chiuse e con tv in chiaro
Giocare a giugno, a ritmo serratissimo, con stadi senza pubblico e dirette tv non a pagamento: è questo l'ultimo scenario per la Premier League inglese, che ancora non vede la fine del tunnel in una nazione che dopo aver teorizzato l'immunità di gregge come risposta all'emergenza coronavirus ora fa i conti col ricovero del suo premier Boris Johnson e ascolta la Regina rassicurare i suoi sudditi. Ma in Inghilterra, i dubbi sulla fase 2 riguardano soprattutto la difficile trattativa sulla riduzione dei costi per lo tsunami economico, con un taglio sugli ingaggi che fa litigare.
Fallito il tentativo di un accordo collettivo, anche in Inghilterra saranno i singoli club della Premier League a dover trovare un'intesa con i propri tesserati per l'auspicato taglio degli stipendi. Venerdì scorso le 20 società della massima divisione avevano proposto un taglio orizzontale degli ingaggi pari al 30% annuo. Una proposta respinta al mittente dal sindacato dei calciatori, disposti sì a sostenere sacrifici economici, ma solo a determinate condizioni. I giocatori - ha spiegato la Players' Football Association - pretendono l'ultima
parola sull'utilizzo delle loro decurtazioni salariali, preoccupati che i tagli finiscano per privare lo Stato di enormi introiti - sotto forma di mancato gettito fiscale - proprio nel
momento di massimo bisogno. Chi si aspettava una rapida soluzione della trattativa è rimasto deluso: le parti appaiono sempre più lontane, nonostante cresca la pressione sui giocatori da parte dell'opinione pubblica. Oggi anche il ministro della Cultura Oliver Dowden si è detto «profondamente preoccupato» che il protrarsi di questa vertenza, sempre più tesa, possa danneggiare il buon nome del calcio. Di fronte al grido d'allarme della Premier League, che prefigura perdite fino ad un miliardo di euro, i giocatori hanno
anche richiesto maggiori dettagli sullo stato finanziario dei rispettivi club, prima di accettare tagli o pagamenti dilazionati nel tempo. Anche perché differiscono, e non poco, le strategie assunte dai singoli club in quest'ultima settimana. Se, per esempio, le due società di Manchester hanno garantito il pieno pagamento degli stipendi a tutti i loro dipendenti, senza alcuna eccezione, altre top-team, come Liverpool e Tottenham, sono già ricorse agli ammortizzatori sociali, predisposte da Downing Street, dopo aver messo in congedo non retribuito tutti i loro lavoratori (non direttamente coinvolti nel settore sportivo). Decisioni che hanno fatto infuriare i tifosi, delusi ugualmente dalle reticenze dei loro idoli così come da chi gestisce le finanze delle loro squadre del cuore.
Ultimo aggiornamento: Lunedì 6 Aprile 2020, 19:10

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