Juve, Pirlo offre pareri non soluzioni, i colpevoli sono altri

Juve, Pirlo offre pareri non soluzioni, i colpevoli sono altri

di Gianfranco Teotino

Così no. Sarebbe ingiusto scaricare su Pirlo tutte le responsabilità di un fallimento che forse era nell’aria dopo le difficoltà della scorsa stagione. E comunque non si può vincere sempre, nove anni di successi restano pur sempre un’enormità. Ma quello che non torna è il modo. Oltre che le parole che l’accompagnano. Quando lo senti rispondere alle domande di fine partita, ti sembra di ascoltare il Pirlo commentatore negli studi di Sky, non l’allenatore della Juventus. Parla dell’atteggiamento sbagliato della squadra, della mancanza di concentrazione o degli errori tecnici individuali come se fosse un osservatore neutrale, un talent, come si chiamano adesso gli ex giocatori che spiegano il calcio in Tv. Pirlo era un grandissimo talent. In campo però. In panchina è un principiante. E, parafrasando Arrigo Sacchi, se sei stato un buon cavallo poi non diventi automaticamente un buon fantino. Sono lavori diversi.
VIA AI SONDAGGI
In queste ore si susseguono i sondaggi su tutti i canali, i siti internet e le testate giornalistiche con la domanda classica in questi casi: di chi è la colpa della crisi della Juventus? Della società, dell’allenatore o dei giocatori? Di solito, le responsabilità sono logicamente da suddividere. Stavolta la risposta non può che essere una sola. È Andrea Agnelli che ha deciso, motu proprio, di affidare la guida della squadra più importante d’Italia, a caccia da tempo di una legittimazione europea, a un formidabile ex calciatore, uno di famiglia per giunta, cosa che alla Juve conta, che però non aveva un solo minuto di esperienza da tecnico: neppure da allenatore di formazioni giovanili o da assistente. Cose che altri famosi deb del passato, da Guardiola a Zidane a Mancini, almeno avevano fatto.
APPRENDISTA
Un apprendista totale, insomma.

Protetto poi non solo dai suoi dirigenti, ma pure dal rispetto del suo passato. Nessuno che gli abbia mai chiesto conto del perché a due terzi della stagione la Juventus non abbia ancora una sistema di gioco definito, o la ragione di certe scelte, come l’avere schierato ieri insieme dall’inizio Ronaldo, Morata, Chiesa, Kulusevski e Bernardeschi, qualcuno anche fuori ruolo, senza tenersi in panchina soluzioni d’emergenza per l’attacco. Ma se la Juventus di Pirlo è già fuori dalla Champions, eliminata da un’avversaria modesta, e così lontana non solo dall’Inter, ma persino dalla Juventus di Sarri, per non dire di quella di Allegri, non si può parlare solo dell’allenatore. È chiaro che la società ha sbagliato pure altre scelte. Di mercato. Non i grandi colpi di giocatori giovani come de Light, nel 2019, e poi Kulusevski e Chiesa. Ma la ristrutturazione del centrocampo. Arthur, al di là dell’errore di ieri, capita, non può valere 72 milioni: è lento, non fa passaggi più lunghi di 10 metri, quasi sempre di lato o all’indietro. «Crede di giocare a rugby», così l’ha demolito Fabio Capello. McKennie è sopravvalutato. Ramsey è sempre in infermeria. Rabiot un onesto lavoratore che non fa la differenza. Poi c’è l’attacco, che ha pagato più del lecito la sfortuna dei problemi a catena sofferti da Dybala. Alla lunga la stessa scelta di Morata si sta rivelando errata: stiamo cominciando a capire perché nell’Atletico Madrid giocava così poco e così male. Paratici ieri ha confermato per la prossima stagione CR7 e Pirlo. Non poteva fare altrimenti, ci sono altre 11 partite e una finale di Coppa Italia da disputare. Certi conti si faranno alla fine. Ma Pirlo e, soprattutto, CR7 sono i meno colpevoli.


Ultimo aggiornamento: Lunedì 22 Marzo 2021, 07:30

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